15/07/2015, 00.00
FILIPPINE - CINA
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Vescovi filippini: una “oratio imperata” per la pace nel mar Cinese meridionale

A conclusione dell’assemblea annuale, la Conferenza episcopale ha lanciato una preghiera da recitare in tutte le diocesi e parrocchie. Da tempo Manila e Pechino sono protagoniste di una controversia territoriale per il controllo dei mari. Mons. Villegas: "La pace è una missione primaria della Chiesa".

Manila (AsiaNews) - La Conferenza episcopale filippina (Cbcp) ha lanciato ieri una “oratio imperata” per cercare di ridurre le tensioni nel mar Cinese meridionale, al centro da tempo di un’aspra controversia territoriale fra Manila, Hanoi e Pechino. Presentando l’iniziativa mons. Socrates Villegas, arcivescovo di Lingayen-Dagupan e confermato presidente della Cbcp, sottolinea che “se vi è un’escalation della tensione e ci troviamo di fronte a un problema di pace, come può non essere coinvolta la Chiesa?”. Il prelato ha aggiunto che proprio la pace “è una missione” primaria dei cattolici, ed è per questo necessario intervenire. 

I vertici della Chiesa filippina non entrano nel merito dell’arbitrato internazionale promosso dal governo di Manila per risolvere la disputa; tuttavia, il neo presidente dei vescovi ricorda che è compito dei fedeli pregare per allentare i rapporti sempre più tesi fra Filippine e Cina. 

La preghiera - diffusa al termine dell’incontro annuale dei vescovi - verrà recitata in tutte le diocesi e parrocchie dell’arcipelago, spiega mons. Villegas, per “cercare di ridurre le tensioni, e metterci al servizio della giustizia, dell’equità, della prosperità e della fratellanza”.

“Non abbiamo i mezzi per negoziare con le superpotenze - chiarisce il presidente dei vescovi - non possiamo rappresentare le Filippine nel tribunale internazionale, ma possiamo certo rappresentare le Filippine agli occhi di Dio e chiedergli […] di prendersi cura delle Filippine”. Nella preghiera si invoca la pace “sulle isole e le acque”, per la risoluzione delle controversie “mediante giustizia e rispetto dei diritti delle persone” e che “non siano fatti danni alle creature marine e all’habitat naturale”. 

Da tempo Hanoi e Manila - che per prima ha promosso una vertenza internazionale al tribunale Onu, iniziato la scorsa settimana e privo di valore vincolante - manifestano crescente preoccupazione per "l'imperialismo" di Pechino nei mari meridionale e orientale. Il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende le Spratly e le Paracel, isole contese da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia (quasi l'85% dei territori).

A sostenere i Paesi del Sud-Est asiatico vi sono anche gli Stati Uniti, che hanno giudicato "illegale" e "irrazionale" la cosiddetta "lingua di bue" usata da Pechino per marcare il territorio, fino a comprenderne quasi l'80% dei 3,5 milioni di kmq. L'egemonia riveste un carattere strategico per lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino, in un'area dell'Asia-Pacifico di elevato interesse economico e geopolitico.

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