26/04/2017, 08.55
IRAN - STATI UNITI
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Vienna, crescono le incertezze sulla tenuta dell’accordo sul nucleare iraniano

L’Iran e le principali potenze internazionali si sono incontrare ieri nella capitale austriaca. Al centro dei lavori “a porte chiuse” il “rispetto” dei termini previsti dall’accordo. Aumentano le tensioni fra Washington e Teheran. Ministro iraniano: gli Stati Uniti non rispettano né lo spirito, né i termini. 

 

Vienna (AsiaNews/Agenzie) - L’Iran e le principali potenze internazionali si sono incontrate ieri a Vienna, per valutare il rispetto dell’accordo del 2015 sul nucleare di Teheran, a fronte di una crescente “incertezza” generale acuita dalle recenti affermazioni dell’amministrazione Usa. Una riunione “a porte chiuse”, che non prevedeva incontri con la stampa o dichiarazioni alla conclusione. A rappresentare la Repubblica islamica vi era il vice-ministro degli Esteri Abbas Araghchi, il quale avrebbe dichiarato che Teheran “sta rispettando” i termini ma questo discorso “non vale per altri fronti” coinvolti nell’accordo, intendendo gli Stati Uniti. 

Vi era grande interesse alla vigilia della riunione trimestrale, in considerazione delle crescenti tensioni fra Iran e Stati Uniti, firmatari dell’accordo insieme a Russia, Cina, Regno Unito, Francia e Germania. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano Mark Toner è tornato sulla questione, affermando che la “revisione” annunciata da Donald Trump analizzerà “il ruolo dell’Iran nella regione e nel mondo”. In base a questi elementi, Washington “si comporterà di conseguenza”. 

Dopo anni di embargo, nel 2015 l’Iran ha ottenuto un parziale alleggerimento delle sanzioni economiche dell’Occidente, in cambio dell’accordo sul controverso programma atomico. Esso prevede il taglio delle centrifughe per “arricchire” l’uranio - capaci in linea teorica di creare la bomba - da 19mila e un totale di 5mila. A questo si unisce un rafforzamento delle ispezioni degli esperti indipendenti delle Nazioni Unite. Gli accordi resteranno in vigore per almeno 10 anni. Viene fissato anche un limite alle scorte di uranio, che devono restare sotto i 300 kg per i prossimi 15 anni. 

L’intesa è stata accolta in maniera positiva dalla maggioranza della comunità internazionale, tranne qualche posizione critica, fra cui Israele e il Congresso americano. Gli Stati Uniti hanno mantenuto in vigore tutta una serie di sanzioni per il programma di missili balistici di Teheran, oltre che per il sostegno [armato] a movimenti sciiti in Medio oriente. Tra questi Hezbollah in Libano, il governo di Damasco in Siria e gli Houthi “ribelli” in Yemen.

Fra i vari provvedimenti in atto, vi è anche il congelamento di miliardi di dollari di beni dell’Iran, esportati ai tempi dell’ultimo Shah di Persia Mohammad Reza Pahlavi, e che Teheran rivuole.

Da parte sua Washington continua a bloccare l’uso del dollaro nelle transazioni bancarie, fermando i nuovi contratti economici stabiliti dopo l’accordo sul nucleare. Da qui la decisione di Teheran nel giugno scorso di denunciare gli Stati Uniti alla Corte internazionale di giustizia, per “appropriazione indebita” di quasi due miliardi di dollari.

La Casa Bianca continua a considerare la Repubblica islamica una nazione che “sponsorizza” il terrorismo di Stato e l’ascesa alla presidenza di Trump, dopo i tentativi del predecessore Barack Obama di ricucire i rapporti, ha segnato una nuova escalation della tensione. Per il segretario di Stato americano Rex Tillerson l’accordo non centra “l’obiettivo di un Iran senza nucleare” ed è un modo per “comprare” la collaborazione di Teheran “per un breve periodo di tempo”.

Critica anche la posizione dei vertici della Repubblica islamica, in particolare nell’ala radicale che è pronta a contendere la presidenza al leader uscente Hassan Rouhani (fra i grandi artefici dell’accordo) alle elezioni di maggio. In particolare, secondo l’ala radicale a Teheran l’accordo non avrebbe portato - anche a causa della rigidità mostrata dagli Stati Uniti, che finisce per beneficiare i radicali in Iran - i benefici economici auspicati. 

La scorsa settimana il ministro iraniano degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha risposto alle affermazioni dell’amministrazione Trump, sottolineando che Washington non segue né lo spirito né i contenuti dell’accordo. “Finora - ha dichiarato - ha minato entrambi”.

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