Hong Kong, appello accademici: No alla legge sulla sicurezza di Pechino

Firmato da più di 100 docenti di università cittadine e straniere. La censura cinese minaccia la libertà di espressione e quella accademica. Preoccupazione per il carattere extraterritoriale del provvedimento. Chiesto l’intervento delle autorità locali.


Hong Kong (AsiaNews) – Più di 100 accademici di università cittadine e straniere hanno pubblicato oggi una dichiarazione congiunta di condanna della nuova legge sulla sicurezza nazionale. Essi invocano un’iniziativa della comunità internazionale in difesa della libertà di espressione e contro gli “sconfinamenti” della censura cinese.

Imposta dalla Cina per controllare il dissenso e reprimere il movimento pro-democrazia, la normativa è entrata in vigore il 30 giugno. Essa introduce i reati di separatismo, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere. Il Partito comunista cinese (Pcc) afferma di averla introdotta per ristabilire l’ordine; il fronte anti-Pechino, che da oltre un anno si batte per la democrazia ad Hong Kong e per il mantenimento del suo sistema liberale, accusa invece Xi Jinping di voler soffocare le aspirazioni della popolazione.

Le istituzioni accademiche coinvolte nella firma del documento sono 71, in rappresentanza di 16 Paesi, tra cui anche Usa, Gran Bretagna, Germania e Australia.

Secondo i firmatari, il provvedimento sulla sicurezza compromette l’autonomia accademica, dato che considera reato criticare il Pcc, anche se ciò avviene fuori da Hong Kong e Cina. I docenti esprimono grande preoccupazione per il carattere extraterritoriale della nuova legge: in base all’articolo 38, uno studente, un professore o un ricercatore straniero che si reca in Cina o ad Hong Kong potrebbe essere arrestato per il suo lavoro accademico, se considerato contrario ai dettami del regime cinese.

Con la dichiarazione, gli accademici chiedono al Legco (il Parlamento di Hong Kong) e alle autorità cittadine di opporsi al provvedimento, dicendo a Pechino che esso è “inaccettabile”; il governo dell’ex colonia britannica dovrebbe attivarsi per rivedere la propria legislazione, in modo che al mondo universitario sia assicurata piena libertà accademica.