Il Parlamento birmano approva la legge che legalizza le proteste di piazza
Per l’entrata in vigore della norma manca la firma del presidente Thein Sein. Autorizzate bandiere e simboli di partito, ma le dimostrazioni non devono toccare edifici governativi o ambasciate. Fra le restrizioni, l’obbligo di fornire alle autorità i nomi dei promotori. Contraria l’ala dura vicina al vecchio regime: norma troppo permissiva.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Il Parlamento birmano ha approvato la legge che legalizza le “pacifiche dimostrazioni di piazza”. La conferma arriva oggi da un deputato della Camera alta, secondo cui ora manca solo la firma del presidente Thein Sein per l’entrata in vigore della norma. Essa regolamenta le pubbliche manifestazioni di dissenso e concede l’utilizzo di bandiere e simboli di partito, così come la possibilità di intonare slogan e canti; non sarà però possibile dimostrare nei pressi di edifici governativi, scuole, ospedali e ambasciate. Promotore della legge è il ministero degli Interni e, a ottobre, essa ha ottenuto il primo disco verde dalla Camera bassa (cfr. AsiaNews 28/10/11 Una legge per "legalizzare" le proteste di piazza in Myanmar).

Aye Maung, membro della Camera alta ed esponente del Rakhine Nationalities Development Party, spiega che “le autorità vanno avvertite con cinque giorni di anticipo” rispetto alla date prevista per la manifestazione. Ora la legge dovrà essere firmata da Thein Sein, sancendo così l’entrata in vigore. Essa per la prima volta in 50 anni autorizza dimostrazioni pubbliche e collettive, sebbene vi siano molte restrizioni fra cui l’obbligo di fornire alle autorità i nomi dei promotori di ogni singola protesta.

Tuttavia, l’ala dura del Parlamento – vicina al vecchio regime militare che ha governato per decenni il Myanmar con il pugno di ferro – critica la legge perché troppo permissiva, mentre la nazione non è ancora pronta per queste concessioni alla libertà di espressione. Di contro, altri esponenti del fronte di opposizione chiedono maggiori facilitazioni, fra cui la piena libertà di movimento per gli attivisti.

L'ultima volta in cui l'opposizione democratica e i monaci sono scesi per le strade – nel settembre 2007 contro il caro-benzina – l’esercito ha represso nel sangue la rivolta (la “Rivoluzione zafferano”, ndr) con decine di morti e centinaia di arresti. Nonostante le recenti aperture dell’esecutivo birmano, fra cui la liberazione di una parte dei prigionieri politici nel contesto di un’amnistia generale decisa dal presidente Thein Sein, restano critiche le condizioni di quanti sono tuttora in prigione - almeno 1700 - per “reati di opinione”.