Sri Lanka, ancora proteste contro il caro benzina. Un morto negli scontri con la polizia
di Melani Manel Perera
Gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e colpi di pistola per fermare i manifestanti. Le dimostrazioni di diffondono in tutto il Paese. Piccoli pescatori e autisti di aziende private per il trasporto pubblico sono le categorie piĆ¹ colpite. Attivisti sociali denunciano salari troppo bassi rispetto al costo medio della vita.

Colombo (AsiaNews) - Continuano le proteste in tutto lo Sri Lanka contro l'aumento dei prezzi della benzina. Dopo una breve pausa, nella giornata di ieri migliaia di persone sono tornate in piazza. La polizia ha risposto attaccando i manifestanti con gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e colpi di pistola. Nella North Western Province un pescatore è rimasto ucciso e diverse persone sono state ferite. È la prima volta che i cittadini srilankesi organizzano proteste in diverse zone dell'isola e non solo a Colombo, la capitale.

Nella notte tra l'11 e il 12 febbraio scorsi, il governo ha stabilito un aumento dei prezzi dei carburanti. Il diesel è salito a 31 rupie (circa 20 cent di euro) al litro; la benzina a 12 rupie (circa 8 cent di euro) al litro; il cherosene a 35 rupie (22 cent di euro) al litro. Questa decisione rischia di mettere in ginocchio buona parte dei lavoratori del Paese, in particolare i piccoli pescatori e le compagnie di trasporto pubblico. Nel caso dei primi infatti, a queste tariffe la spesa di carburante per una giornata di lavoro passerebbe da 3mila rupie (18,9 euro) a 4.500 rupie (28,4 euro). I secondi invece sarebbero costretti ad alzare le tariffe delle corse del 20%, causando ulteriori disagi alla popolazione.

"I cittadini - afferma ad AsiaNews Jehan Perera, direttore esecutivo del National Peace Council e attivista per i diritti umani - stanno scendendo in piazza perché non credono più alle promesse dei politici. Il governo non risolve i loro problemi, ma cerca solo di svicolare. L'opposizione è debole e non sa difendere i bisogni del popolo. È significativo che i leader di queste proteste non siano i partiti, ma la stessa gente".

Secondo Kusal Perera, analista politico e attivista, "il governo è a un bivio. Durante la guerra civile, tanti bisogni sono stati messi da parte. Ma a due anni e mezzo dalla fine del conflitto, nel Paese non c'è sviluppo, né ordine, né legalità. Il salario minimo nel settore pubblico è di 17.800 rupie (circa 115 euro); nel privato di sole 7.900 rupie (circa 51 euro). Nel 2010 il dipartimento statale per le Statistiche e il censimento ha calcolato che una famiglia di quattro persone ha bisogno di almeno 34mila rupie (circa 220 euro) per cibo, vestiti, medicine, materiale scolastico. Adesso, oltre all'alto costo della vita, la gente deve confrontarsi con l'aumento del prezzo del carburante. La guerra è finita e il governo non ha scuse: deve rispondere alle richieste dei cittadini".