Rakhine, Onu: almeno 28mila sfollati nelle violenze fra birmani e Rohingya
Quasi 27.300 appartengono alla minoranza musulmana. Per le Nazioni Unite il dato è destinato ad aumentare e non si esclude una possibile escalation degli scontri. Hrw mostra immagini satellitari con “massicce devastazioni di case e proprietà”. I centri di accoglienza a rischio paralisi. Le tensioni interconfessionali mettono a rischio le riforme del governo.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Il numero degli sfollati a causa delle recenti violenze fra buddisti birmani e musulmani Rohingya nello Stato di Rakhine, nell'ovest del Myanmar, nei pressi del confine col Bangladesh, è di almeno 28mila persone. Lo riferiscono fonti delle Nazioni Unite nell'area, secondo cui la cifra è destinata "con molta probabilità" a salire perché quanti hanno abbandonato la zona costiera a bordo di imbarcazioni non sono compresi nell'elenco. Gli scontri etnici e confessionali, divampati nel giugno scorso, paiono destinati a continuare, senza che il governo riformista del presidente Thein Sein - a dispetto degli annunci di facciata, che parlano di un ritorno alla calma - riesca ad arginare la crescente tensione.

Ashok Nigam, osservatore Onu per il Myanmar e coordinatore delle operazioni umanitarie, riferisce che a oggi su 28mila sfollati la grandissima maggioranza (quasi 27.300) sono musulmani. La nuova ondata di violenze è divampata il 14 ottobre scorso e in due settimane ha causato 84 morti e 129 feriti secondo i dati ufficiali forniti dalle autorità. Tuttavia, il bilancio potrebbe essere di gran lunga superiore e mettere in serio pericolo - come avvertono le Nazioni Unite - il cammino di democratizzazione avviato dalla ex Birmania.

Gli sfollati vanno ad aggiungersi agli altri 75mila profughi, stipati da mesi in centri di accoglienza sovraffollati, dopo aver abbandonato le loro case in seguito alle violenze di inizio giugno. Nei giorni scorsi migliaia di abitazioni sono state date alle fiamme. Human Rights Watch (Hrw) ha diffuso immagini satellitari, dalle quali emergerebbero "massicce devastazioni di case e proprietà" nelle aree a maggioranza musulmana dello Stato di Rakhine. Dai profughi appartenenti alla minoranza Rohingya arrivano racconti di terrore e disperazione, mentre il funzionario Onu ammette le difficoltà nel raggiungere le zone più remote e non esclude una ulteriore escalation di violenze.

A giugno la Corte distrettuale di Kyaukphyu, nello Stato di Rakhine ha condannato a morte tre musulmani, ritenuti responsabili dello stupro e dell'uccisione a fine maggio di Thida Htwe, giovane buddista Arakanese (Rakhine). QUesta l'origine dei violenti scontri interconfessionali fra musulmani e buddisti (cfr. AsiaNews 19/06/2012 Rakhine, violenze etniche: tre condanne a morte per lo stupro-omicidio della donna). Nei giorni seguenti, una folla inferocita ha accusato alcuni musulmani uccidendone 10, del tutto estranei al fatto di sangue. La spirale di odio ha causato la morte di altre 29 persone, di cui 16 musulmani e 13 buddisti. Secondo le fonti ufficiali sono andate in fiamme almeno 2600 abitazioni, mentre centinaia i profughi Rohingya hanno cercato rifugio all'estero.

Secondo le stime delle Nazioni Unite in Myanmar vi sono almeno 800mila musulmani Rohingya. Tuttavia, Naypyidaw non li considera parte dei 135 gruppi etnici che costituiscono il Paese e - così come il vicino Bangladesh, con il governo di Dhaka che ha attivato le guardie di frontiera nel timore di nuovi sbarchi di profughi sulla costa - li tratta alla stregua di immigrati clandestini negando loro il diritto di cittadinanza. Attivisti e organizzazioni per i diritti umani parlano di aperto razzismo: molti Rohingya, infatti, parlano un dialetto bengali e assomigliano ai musulmani bangladeshi, con pelle scura e politica di emarginazione.