Condanne da 10 anni all’ergastolo nel maxi-processo contro 22 attivisti vietnamiti
Il leader del movimento ambientalista, il 65enne Phan Van Thu, dovrà passare il resto della vita in cella. Per gli altri pene fra 10 e 17 anni. L’avvocato (d’ufficio) della difesa commenta: “hanno ammesso le colpe” e la sentenza è “adeguata”. Sempre più evidente il pugno di ferro di Hanoi contro la dissidenza interna.

Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - Si è concluso con pene variabili da 10 anni fino all'ergastolo il maxi-processo contro 22 imputati accusati di sovversione finalizzata a "rovesciare il legittimo governo comunista" del Vietnam. Per l'avvocato della difesa, nominato d'ufficio dal tribunale, nel corso del dibattimento lampo - durato una sola settimana - essi "hanno ammesso le loro colpe" e la pena è "adeguata". Il caso testimonia il pugno di ferro adottato dalle autorità di Hanoi contro comunità religiose, oppositori o semplici attivisti, che ha colpito pure i cattolici e le proprietà della Chiesa, come avvenuto di recente nella capitale con la demolizione del monastero del Carmelo.  

Phan Van Thu, leader del movimento ambientalista, ha ricevuto la condanna all'ergastolo; gli altri 21 suoi compagni pene variabili dai 10 ai 17 anni di prigione, più altri cinque di arresti domiciliari al termine della custodia in carcere. Le sentenze, durissime, sono parte di un'escalation continua voluta dal regime comunista contro la dissidenza, che ha destato profonda preoccupazione in seno alla comunità internazionale. Nguyen Huong Que, avvocato d'ufficio assegnato dallo Stato, in quello che sembra essere un vero e proprio processo farsa, sottolinea che "nel corso del dibattimento, la maggior parte degli accusati ha ammesso la propria colpa", ovvero di voler "rovesciare l'amministrazione popolare". Il legale ha anche aggiunto che "le sentenze sono adeguate ai crimini commessi".

I 22 membri del gruppo Hoi Dong Cong Luat Cong An di Bia Son (Consiglio per il diritto e gli affari pubblici di Bia Son, una montagna della provincia di Phu Yen) sono stati incriminati in base al famigerato articolo 79 del Codice penale. Attivisti ed esperti di questioni legali sottolineano che la norma, in passato, è stata usata più volte per reprimere il dissenso e silenziare l'opposizione democratica. Sul gruppo guidato dal 65enne Phan Van Thu, che le autorità vietnamite bollano come "terrorista", non si hanno molte informazioni. Essi avrebbero dato vita a un movimento sovversivo, col pretesto di "reclutare persone per una campagna ambientalista"; gli appartenenti sarebbero oltre 300, sparsi nel centro-sud del Paese.

Procedimenti e condanne per "sovversione" o attività anti-rivoluzionarie sono una pratica comune in Vietnam, il più delle volte sfruttata per colpire la dissidenza o soffocare la libertà religiosa, come avvenuto di recente. Nei primi giorni dell'anno, infatti, il tribunale del popolo di Nghe An (nel Vietnam centrale) ha emesso la sentenza per i 14 cattolici  accusati di "sovversione" contro lo Stato. Il gruppo rischiava la pena di morte. Tre degli imputati - Hồ Đức Hòa, Đặng Xuân Diệu, Lê Văn Sơn - sono stati condannati a 13 anni di prigione ciascuno. Gli altri 11 hanno ricevuto condanne da tre a otto anni. Il gruppo dei 14 cattolici era accusato di far parte di un movimento detto Viet Tan, un gruppo non violento che sostiene la democrazia, che le autorità considerano "terrorista". La scorsa settimana gli attivisti di Human Rights Watch (Hrw) hanno riferito che il governo del Vietnam "sopprime in modo sistematico la libertà di espressione, associazione e riunione pacifica", oltre che "perseguitare quanti mettono in dubbio le politiche [di Hanoi]".