Bangladesh, il primo ministro: No a una legge contro la blasfemia
Intervistata dalla Bbc, la premier Sheikh Hasina ha sottolineato che il Paese è “una democrazia laica” in cui “tutti hanno il diritto di praticare la propria religione”. Da giorni i sostenitori del partito islamico chiedono una legge sulla blasfemia che commini la pena di morte a chi offende Maometto e l’islam.

Dhaka (AsiaNews/Agenzie) - "Il Bangladesh non ha bisogno di leggi contro la blasfemia": Sheikh Hasina, primo ministro del Paese, risponde così alle richieste dei radicali islamici di creare leggi ad hoc per punire chi offende l'islam e il profeta Maometto. Il 6 aprile scorso infatti centinaia di sostenitori del partito islamico Jamaat-e-Islami hanno manifestato per chiedere la pena di morte per chi si macchia di blasfemia, oltre alla creazione di una legge simile a quelle esistenti in Pakistan.

I fondamentalisti musulmani hanno dato al governo un ultimatum di tre settimane per approvare un decreto anti-blasfemia e punire in modo duro i cosiddetti "blogger atei", colpevoli di offendere Maometto e l'islam.

In un'intervista alla Bbc, la premier e leader dell'Awami League ha sottolineato: "Questo Paese è una democrazia laica. Per questo, tutti hanno il diritto di praticare la propria religione in modo libero e sereno. Offendere le altre fedi non è giusto, e per questo esistono già delle leggi che puniscono chi ferisce i sentimenti religiosi di qualcun altro".

La scorsa settimana la polizia ha arrestato tre blogger. Associazioni per i diritti umani e attivisti del movimento laico e democratico Shahbag (di cui gli arrestati fanno parte, ndr) hanno criticato il governo, accusandolo di aver ceduto alle pressioni dei musulmani radicali. Tuttavia, sempre alla Bbc Sheikh Hasina ha difeso la decisione della polizia di arrestare i tre blogger. Smentendo le accuse di pressioni, il primo ministro ha detto: "Chiunque ferisca i sentimenti religiosi di qualcun altro sarà punito secondo quanto previsto dalla legge".

Dalla fine di febbraio sono più di 80 le persone morte nelle proteste dei sostenitori del Jamaat, che insieme al Bangladesh Nationalist Party (Bnp) continua a organizzare scioperi (hartal) contro i verdetti formulati dai tribunali di guerra. La maggior parte delle vittime è morta per mano della polizia.

In Bangladesh l'islam è religione di Stato, praticata da oltre l'89% della popolazione. I cattolici sono appena lo 0,1%. La Costituzione non riconosce la shari'a e garantisce piena libertà di culto, anche se le conversioni a una religione diversa dall'islam sono spesso osteggiate.