Mar Cinese meridionale: Onu mediatore nella controversia fra Hanoi e Pechino
di Paul N. Hung

La comunità internazionale in campo per allentare i conflitti territoriali nella regione, in modo pacifico e secondo il diritto. Nei giorni scorsi i due Paesi hanno sottoposto i rispettivi dossier al segretario generale Ban Ki-moon. Intanto Pechino prosegue la politica “imperialista” finalizzata alla colonizzazione - militare e commerciale - dei mari.

Hanoi (AsiaNews) - Le Nazioni Unite intendono fare da mediatore tra Hanoi e Pechino, per allentare i conflitti territoriali fra i due Paesi nel mar Cinese meridionale, in particolare nell'area che circonda le isole Paracel. Il portavoce Onu Stephane Dujarric ha lanciato un appello a entrambe le parti, perché possano risolvere la disputa in modo pacifico e secondo il diritto e le norme internazionali. La scorsa settimana entrambe le nazioni hanno inviato un dossier al segretario generale Ban Ki-moon, sottolineando le rispettive rivendicazioni e denunciando un atteggiamento "aggressivo" nella regione Asia-Pacifico, da tempo al centro di una feroce controversia. 

Ad inasprire lo scontro fra Hanoi e Pechino, la decisione della Cina di piazzare il Primo maggio scorso una piattaforma per l'esplorazione petrolifera, la Haiyang Shiyou 981, al largo della costa orientale vietnamita. In risposta, nazionalisti di Hanoi hanno promosso proteste di piazza, attacchi mirati contro aziende straniere, roghi e assalti che hanno causato almeno due morti e oltre 140 feriti. Nei giorni successivi si sono inoltre verificati assalti da parte di navi da guerra cinesi, nei confronti di pescherecci vietnamiti. 

Analisti ed esperti di politica internazionale confermano le crescenti mire espansionistiche della Cina nella regione Asia-Pacifico, con l'obiettivo - entro il 2020 - di monopolizzare l'intera area e i relativi commerci. I vertici comunisti di Pechino hanno in cantiere la costruzione di un isolotto artificiale nella Fiery Cross Reef, un gruppo di scogliere e terre emerse nella zona delle isole Spratly. La Cina intende costruire una base militare per navi e caccia, attraverso la quale dominare l'intera area e mettere nell'angolo Filippine e Vietnam. Nel 1974 la zona è stata teatro di un attacco dell'esercito cinese nei confronti di una guarnigione di Hanoi, che ha causato la morte di 74 soldati oggi celebrati come "eroi vietnamiti". 

Per Pechino gli isolotti rivestono un'importanza strategica, che permetterebbe di controllare una rotta commerciale di oltre 6 miliardi di dollari all'anno. L'isolotto artificiale sarebbe grande il doppio rispetto alla base militare statunitense Diego Garcia nel mezzo dell'Oceano Indiano e darebbe seguito al progetto di stabilire una zona di controllo dello spazio aereo - Air Defense Identification Zone (Adiz) - nel mare Orientale per i prossimi anni. 

Secondo attivisti e nazionalisti vietnamiti, la Cina ha sfruttato l'instabilità e i conflitti in corso in Ucraina, Siria, Iran e Corea del Nord per iniziare il progetto - attraverso l'installazione della piattaforma petrolifera - di colonizzazione dei mari. Un progetto che si pone in aperto contrasto con la Dichiarazione di Condotta delle parti nei mari orientali (Doc) e la Convenzione Onu sui mari (Unclos)

Da tempo Vietnam e Filippine manifestano crescente preoccupazione per "l'imperialismo" di Pechino nei mari meridionale e orientale; il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende isole contese - e  la sovranità delle Spratly e delle isole Paracel - da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia (quasi l'85% dei territori). A sostenere le rivendicazioni dei Paesi del Sud-est asiatico vi sono anche gli Stati Uniti, che a più riprese hanno giudicato "illegale" e "irrazionale" la cosiddetta "lingua di bue", usata da Pechino per marcare il territorio. L'egemonia riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino, in un'area dell'Asia-Pacifico di elevato interesse per il passaggio dei due terzi dei commerci marittimi mondiali.