Tokyo, il Partito comunista festeggia i 21 seggi ottenuti alle elezioni
È la prima volta dopo 14 anni che la formazione raggiunge la doppia cifra al voto legislativo. Analisti ed esperti concordi: ha pagato la vera opposizione alle politiche del governo Abe e il rifiuto a vendersi in nome del potere. Il leader Kazuo Shii: "Con il popolo, possiamo fare molto di più".

Tokyo (AsiaNews) - Per la prima volta dopo 14 anni, il Partito comunista del Giappone ha superato la doppia cifra alle elezioni parlamentari. La formazione, che ha una storia lunga e travagliata nel Paese asiatico, ha ottenuto infatti 21 seggi alla Camera Bassa del Parlamento. Analisti ed esperti sono concordi: l'ottimo risultato è frutto di una "vera politica di opposizione al governo di Shinzo Abe, al contrario dei partiti tradizionali che di fatto sono conniventi con il governo". Kazuo Shii, leader comunista, è d'accordo: "Siamo stati vigorosi e siamo stati premiati".

Le elezioni si sono svolte con due anni di anticipo lo scorso 14 dicembre 2014. Il premier ha sciolto le Camere e ha convocato le urne per ottenere il sostegno popolare necessario a implementare le "Abenomics" - le contestate politiche economiche del premier, basate sulla spesa pubblica - e a dotare il Paese di un esercito che non sia soltanto di difesa. Inoltre, l'esecutivo ha cercato il consenso del voto per far ripartire le centrali nucleari, chiuse dopo il disastro di Fukushima del 2011.

La scelta ha premiato Abe e la coalizione di governo, che hanno ottenuto una netta maggioranza parlamentare e ora potranno governare per i prossimi tre anni senza sostanziali impedimenti. Tuttavia, l'analisi del voto dimostra che a vincere è stata in primo luogo l'astensione, e in secondo luogo la sfiducia nei confronti del Partito democratico all'opposizione.

In questa ottica, i 21 seggi conquistati dai comunisti sono un segnale particolare. Secondo Shii "il confronto a tutto campo nei confronti dell'amministrazione e la ferma posizione del Partito comunista, impegnato sempre a presentare controproposte rispetto a quelle del governo, sono state apprezzate dagli elettori. Sia nelle questioni economiche che in quelle diplomatiche abbiamo detto la nostra: insieme con il popolo, porteremo ancora oltre questo risultato".

Go Ito, professore di Relazioni internazionali alla Meiji University di Tokyo, dice: "Per alcuni, il voto ai comunisti è stato un voto di protesta. Ma allo stesso tempo va riconosciuto che la popolazione ammira il Partito, perché ha principi politici saldi e non si compromette con il potere". Entrando nello specifico delle riforme proposte da Abe, i comunisti non appoggiano né il cambiamento dell'art. 9 della Costituzione - che ora permette a Tokyo di armarsi - né la ripresa dell'energia nucleare.

"Così come le loro politiche - conclude Ito - anche i parlamentari dell'estrema sinistra non hanno fatto mai passi indietro, e sono rimasti consistenti là dove gli altri Partiti e gli altri deputati si sono mischiati e separati in nome dell'opportunismo. Hanno sempre rifiutato le grandi coalizioni in nome del potere, e ora ne vedono i risultati".

Nato nel 1922, il Partito comunista giapponese ha vissuto nell'illegalità fino alla fine della Seconda Guerra mondiale. I suoi aderenti pagarono con il carcere o con la vita l'opposizione alle  politiche imperialiste, alla guerra contro la Cina e all'invasione di Corea e Taiwan. Dal 1945 entra a pieno titolo nella scena politica del Sol Levante, ma senza grandi successi dato che è contrario all'influenza sia di Mosca che di Pechino. Dopo alcuni exploit elettorali negli anni Settanta, è progressivamente sceso fino al 7% delle preferenze del 2012.