Leader cristiani: Il governo si liberi dei fondamentalisti, l'India non è una teocrazia
L'arcivescovo di Delhi e altri esponenti del clero cristiano firmano un documento di denuncia, sulla situazione della libertà religiosa nel Paese. "In un'India laica e democratica, non c'è posto per una religione di Stato. La religione non ha spazio nel discorso politico nazionale". Il cordoglio per le vittime di Peshawar: ecco i frutti del fanatismo.

New Delhi (AsiaNews) - Pubblichiamo la dichiarazione congiunta diffusa ieri a New Delhi da alcuni leader religiosi della comunità cristiana, in cui si presentano le questioni che "disturbano questo tempo di Natale": gli attacchi alla Costituzione dell'India e alla libertà religiosa, e gli episodi di violenza avvenuti quest'anno in vari zone del Paese. Traduzione a cura di AsiaNews.

Ci rivolgiamo a voi in un momento in cui il mondo intero, ogni genitore sulla Terra, sta piangendo la perdita di 132 bambini innocenti, uccisi a Peshawar in Pakistan. Che una simile brutalità accada nel 21mo secolo è la prova dei pericoli del fanatismo e dell'estremismo, l'odio e la violenza che agiscono in nome della fede sono una sfida per tutta la società. Esprimiamo al popolo del Pakistan, e in particolare ai suoi bambini, le nostre più sentite condoglianze. Siamo solidali con loro e preghiamo per le anime degli studenti morti.

Ci torna in mente di nuovo il messaggio di Gesù Cristo di respingere l'odio, lavorare per la pace, perdonare quelli che ci fanno del male, e amare i nostri vicini.

Questo Natale, dunque, veniamo da voi con il cuore pesante e grande preoccupazione verso senso di apprensione e paura nella nostra comunità per gli episodi di violenza contro le nostre chiese, il clero e i fedeli in varie parti del paese, in particolare in Chhattisgarh, Madhya Pradesh, Orissa, Uttar Pradesh e ora nel territorio della capitale della nazione, Delhi, dove la Chiesa di san Sebastiano a Dlishad Garden (East Delhi) è stata messa al rogo in quello che crediamo sia stato un incendio doloso, il 1mo dicembre 2014.

La sventramento della chiesa di san Sebastiano, così come gli altri episodi di violenza mirata in altre parti del Paese, parlano di estrema impunità da parte della polizia e dell'amministrazione, e di disprezzo non solo dei sentimenti religiosi della nostra comunità, ma anche delle garanzie della Costituzione indiana.

Questi atti di violenza non sono episodi singoli, né incidenti isolati. Piuttosto, essi fanno parte di una serie di azioni interconnesse da parte di attori non statali, strettamente legati alla dispensa delle autorità. L'apoteosi ufficiale di una giornata di buon governo il giorno di Natale - come specificato nel circolari governative inviate alle istituzioni scolastiche in tutto il Paese per organizzare eventi obbligatori in un giorno che per noi è sacro - i membri del Consiglio dei ministri dell'Unione hanno chiesto leggi nazionali contro le conversioni, e un Codice civile comune, per colpire politicamente le comunità cristiana e musulmana, senza dirlo a chiare lettere.

Ciò che è ancora più pericoloso, e una minaccia per la pace e l'armonia della nazione, è la campagna ben pensata in nome del Ghar Wapsi, che è organizzata non solo da elementi marginali, ma anche da membri di spicco del Parlamento appartenenti al partito di governo. Le loro dichiarazioni mettono in discussione l'identità e il patriottismo di numerose minoranze religiose dell'India. Il fatto che alle persone siano offerte tessere per ottenere i sussidi statali e altri privilegi di competenza del governo, accresce la nostra paura che questi elementi godano di appoggio ufficiale.

È molto chiaro alla minoranze che, mentre il governo ha vinto il suo mandato su una piattaforma di "sviluppo e buon governo", i gruppi radicali vedono tale vittoria come un appoggio al loro programma di odio e nazionalismo religioso, che loro chiamano Hindu Rashtra. Questo è un palese tentativo di sabotare la Costituzione dell'India che, aderendo alla Carta dei diritti dell'Onu, garantisce libertà di fede. L'art.25 (i) assicura la libertà di ogni cittadino indiano di professare, praticare e propagare la propria religione e il proprio credo. Questo è stato il risultato di un grande dibattito che ha avuto luogo durante l'Assemblea costituente.

Con la sua meravigliosa diversità e la sua antica identità culturale, linguistica ed etnica, il Paese mantiene pari rispetto per tutte le fedi, e per le persone che non professano alcuna fede. In un'India laica e democratica, non c'è posto per una religione di Stato. L'India non è una teocrazia. La religione non ha spazio nel discorso politico nazionale.

Negli Stati dove le dubbie e ironicamente chiamate "Leggi per la libertà religiosa" [Freedom of Religion Act, le cosiddette leggi anti-conversione, ndr] sono state usate contro le minoranze, i loro travolgenti poteri hanno permesso alla polizia e alla burocrazia di molestare, arrestare e punire sacerdoti, religiosi e istituzioni. Come se non bastasse, gli attori non statali e i membri dei gruppi politico-religiosi si sono sentiti in potere di costringere e terrorizzare la gente, spesso regolando conti personali o indulgendo in espropri terrieri.

I media potrebbero già essere a conoscenza, ma vorremmo ricordare alcuni dei recenti casi di violenza mirata e di attacchi contro i cristiani nel Paese, che abbiamo già comunicato al Primo ministro e al ministro degli Interni nel nostro memorandum.

Domenica 30 novembre 2014, due chiese domestiche nel distretto di Annupur (Madhya Pradesh) sono state attaccate. In modo particolare, il Chhattisgarh ha assistito a regolari e ripetuti attacchi ai diritti fondamentali della comunità cristiana di minoranza. Più recentemente, secondo i media e fonti del posto, gruppi locali hindutva come il Vishwa Hindu Parishad (Vhp) stanno facendo pressioni ai missionari cattolici affinché mettano immagini della dea Saraswati nei loro istituti educativi. Anche le scuole cattoliche sono sotto pressione perché rinominino i loro presidi Pracharya, o Up-praharya, anziché il termine "padre" usato di solito.

Alcuni altri incidenti che riportiamo brevemente più avanti sono rappresentativi dell'ostilità e della discriminazione che affrontano i cristiani in India.

1) Boicottaggio sociale

2) Aggressioni fisiche

3) Dissacrazione e restrizione delle chiese e delle chiese domestiche

L'India è una terra dove diverse fede religiose hanno prosperato a lungo e i nostri pari fondatori hanno fatto grandi sfori per assicurare che i diritti di tutti fossero salvaguardati, a prescindere dai nostri credo religiosi, dal genere o dalla casta. L'India è impegnata verso la laicità e qualsiasi tentativo di indebolire il tessuto socio-religioso della nazione deve essere con rapidità ed efficacia.

Speriamo e preghiamo che una simile discriminazione e violenza mirata siano fermate da una forte volontà politica e da un atto dell'amministrazione. Noi cristiani, che siamo una piccola comunità religiosa, abbiamo bisogno che il governo ci assicuri protezione, sicurezza e salvezza nella nostra madrepatria.

Preghiamo per i nostri concittadini e auguriamo loro grande gioia in occasione di questo Natale.

Dio benedica l'India.

 

Mons. Anil Couto, arcivescovo of Delhi

Mons. Kuriakose Bharanikulangara, vescovo dell'eparchia cattolica siro-malabarese di Faridabad

Mons. Jacob Barnabas, della Chiesa cattolica siro-malankarese

Mons. Youhanon Mar Demetros, della Chiesa ortodossa malankarese

Mons. Abraham Mar Paulus, vescovo della Chiesa siro-malankarese Mar Thoma

Mons. Subodh Mondal, vescovo della Chiesa metodista

Mons. Samantroy, moderator della Church of North India (anglicani)

Mons. Simon John, vescovo della Believers Church (evangelici)

Dott. John Dayal, ex presidente nazionale dell'All India Catholic Union, membro del National Integration Council

Rev. Richard Howell, segretario generale dell'Evangelical Fellowship of India e segretario del National United Christian Forum

Rev. Vijayesh Lal, direttore della Religious Liberty Commission e dell'Evangelical Fellowship of India