Tibet, cremato il corpo di Tenzin Delek Rinpoche. Dubbi sulle cause della morte
Una trentina di monaci ha potuto vedere e pulire il corpo prima che fosse posto in un forno elettrico. Le unghie delle mani e la bocca del lama erano nere. Un membro della famiglia accusa Pechino di avvelenamento.

Pechino (AsiaNews) – Le autorità cinesi hanno cremato ieri, 16 luglio, il corpo di Tenzin Delek Rinpoche, monaco tibetano morto in prigione in circostanze sospette lo scorso 12 luglio. Il rito ha avuto luogo a Dazhou, nel sud-ovest della provincia del Sichuan. Una delle sorelle del lama, Dolkar, ha potuto assistere alla cremazione, mentre a circa 30 monaci e monache è stato permesso di vedere e lavare il corpo prima che fosse posto in un forno elettrico.

Nei giorni scorsi migliaia di tibetani si sono mobilitati da diverse province del Paese per chiedere la restituzione del corpo dei Tenzin, ma la polizia cinese non lo ha concesso. Anche la richiesta della sorella Dolkar di preservare il corpo per almeno 15 giorni dalla morte (come vuole la tradizione tibetana) è stata rifiutata.

Diversi testimoni oculari affermano che il cadavere del lama sembrava in buone condizioni, non scarno come veniva descritto nei tempi precedenti la morte. Inoltre, pare che le unghie delle mani e la bocca di Tenzin fossero nere. Ciò ha destato sospetti circa la vera causa della morte del monaco.

Secondo quanto riportato da Radio Free Asia Tendar, un membro della famiglia di Tenzin, ha accusato la polizia di aver avvelenato il lama.

Il Dipartimento di Stato americano – dopo le dimostrazioni pro Tenzin avvenute a New York e San Francisco – si augura che le autorità di Pechino investighino e rendano pubbliche le circostanze della morte del lama.

Tenzin Delek Rinpoche, che al momento della morte aveva 65 anni, stava scontando una condanna all’ergastolo per “crimini terroristici e incitamento al separatismo”. I funzionari cinesi si sono sempre rifiutati di fare un processo a porte aperte (al contrario di quanto prevede la legge cinese) e di rilasciare il verdetto o gli atti d’accusa.