L’impianto idroelettrico di Pak Beng, da 912 megawatt, sarebbe il terzo gestito da Vietiane, che vuole diventare la “batteria dell’Asia”. Sotto accusa la Commissione del fiume Mekong, per aver favorito il Laos in due progetti precedenti: “Questa volta garantiremo una revisione più accurata del progetto”. A rischio uno degli ecosistemi più ricchi al mondo.
Vientiane (AsiaNews/RfA) – Attivisti ambientali sono preoccupati dalle richieste fatte dal governo del Laos di aprire una terza diga sul fiume Mekong. La messa in atto del progetto metterebbe a rischio la vita di 60 milioni di persone che dipendono dall’ecosistema del fiume. Vientiane vuole aprire un nuovo impianto da 912 megawatt a Pak Beng, , nella provincia settentrionale di Oudomxay, per fare del Paese la “batteria dell’Asia” con la costruzione di una serie di dighe idroelettriche lungo il fiume e i suoi affluenti.
Il Laos ha consegnato una notifica alla Commissione del fiume Mekong (Mrc) della sua intenzione di costruire la diga. Questo organo è stato riconosciuto nel 1995 da Cambogia, Laos e Vietnam come piattaforma per la cooperazione regionale, quando i tre Paesi hanno firmato l’Accordo per la cooperazione sullo sviluppo sostenibile del bacino del Mekong. Il fiume, lungo quasi 5mila chilometri, nasce in Cina e sfocia nel sud del Vietnam dopo aver toccato anche Myanmar, Laos, Cambogia e Thailandia.
Da anni questi Paesi fanno a gara per sfruttare al meglio le acque del fiume (e ricavarne preziosa energia elettrica), minacciando la sua biodiversità, una delle più ricche al mondo. Si stima che il ricavato della pesca nel Mekong valga tre miliardi di dollari all’anno.
Negli ultimi mesi il Mrc ha visto diminuire in modo drastico i fondi, dopo che i donatori internazionali hanno criticato l’organo per essere stato complice dei progetti del Laos che hanno messo in pericolo i Paesi confinanti. Il riferimento è alle dighe Xayaburi e Don Sahong, i cui costruttori hanno elaborato una Valutazione di impatto ambientale (Via) basata su ricerche incomplete e approssimative.
Pham Tuan Phan, amministratore delegato del Mrc, ha difeso l’operato dell’organizzazione: “Abbiamo imparato dai due casi precedenti e il Segretariato è pronto ad assistere i Paesi membri nella revisione del progetto, nel valutare gli aspetti tecnici per arrivare ad una conclusione in un modo inclusivo”.