India, governo e opposizione candidano dalit alla presidenza, "ma le caste restano"

Ram Nath Kovind è sostenuto dal Bharatiya Janata Party; Meira Kumar da 16 partiti di opposizione guidati dal Congress. Entrambi hanno più di 70 anni e lunghe esperienze in politica. Lenin Raghuvanshi ritiene che la scelta di esponenti dalit “non scalfisce i mali del sistema delle caste”. Il premier Narendra Modi è riuscito a spaccare le opposizioni.


New Delhi (AsiaNews) – Il prossimo presidente dell’India sarà un dalit. È la certezza dell’ultima ora, dopo che Meira Kumar, ex Speaker della Lok Sabha (Camera bassa) e veterana del Congress di Sonia Gandhi, ha accettato di scontrarsi con Ram Nath Kovind, ex governatore del Bihar e per tre volte membro della Rajya Sabha (la Camera alta) per il Bjp (Bharatiya Janata Party) di Narendra Modi. Le elezioni si svolgeranno il prossimo 17 luglio e i risultati saranno resi noti a partire dal 20.

I volti dei due politici campeggiano da giorni in tutte le televisioni del Paese dopo che il premier Modi, con una mossa a sorpresa che ha lasciato di stucco le opposizioni e provocato gravi fratture tra di esse, ha deciso di sponsorizzare la nomina di Kovind, 71 anni, rispettato per la sua integrità e imparzialità di vedute. Gli analisti concordano nel sostenere che il corteggiamento del primo ministro nei confronti dell’esponente dalit sia una scelta ben pilotata, volta ad accaparrarsi il voto delle classi più svantaggiate. Ad AsiaNews Lenin Raghuvanshi, attivista per i dalit e direttore esecutivo del Peoples’ Vigilance Committee on Human Rights (Pvchr), afferma: “È stata una mossa di ingegneria sociale dalit-brahamanesimo che non scalfisce i mali del sistema delle caste”.

Questa settimana la politica indiana è stata sconvolta dall’ennesima mossa vincente di Modi, che di recente ha spazzato via le opposizioni alle elezioni amministrative in cinque Stati. Il 19 giugno egli ha annunciato la candidatura di Kovind e stamattina lo ha accompagnato a depositare il documento ufficiale. Gli effetti della sua decisione di appoggiare il 71enne dalit – figlio di un contadino povero dell’Uttar Pradesh – sono apparsi subito dalla portata devastante. Egli ha provocato una rincorsa disperata di 16 partiti delle opposizioni, che ieri si sono riuniti sotto l’egida del Congress e si sono accordati sulla nomina di Kumar, 72 anni, figlia dell’ex premier dalit Babu Jagjivan Ram.

Tutti gli esperti convergono su una questione, cioè che ancora una volta l’opposizione si è fatta trovare impreparata e con ogni probabilità ne pagherà le conseguenze. In primis perché la National Democratic Alliance (Nda) di Modi ha saputo esprimere un candidato come Kovind, politico rispettato e dell’alta levatura morale. In secondo luogo perché egli ha saputo convogliare su di sé i consensi anche di parte degli avversari, compreso l’attuale chief minister del Bihar Nitish Kumar, strenuo oppositore dei nazionalisti indù del Bjp. Alcuni membri delle opposizioni hanno ammesso di essersi ritrovati “spiazzati” e di dover correre ai ripari di fronte ad un personaggio così autorevole, che le proiezioni danno già in vantaggio con il 62% del favore del Collegio elettorale.

Secondo Raghuvanshi, il motivo dell’alleanza dei nazionalisti su Kovind “deriva dal desiderio di sostenere il proprio potere basato sull’egemonia della virilità”. Egli ricorda infatti che “per questo motivo tanti dalit negli ultimi anni si sono uniti al Bjp”. Una specie di controsenso, se si considera che tra i principi guida del partito (capitolo tre sull’Umanesimo integrale) vi è l’accettazione del sistema delle caste – e quindi una perpetuazione di esso – come un dato di fatto, un qualcosa che “esiste nella società”.

Nonostante Kovind oggi abbia annunciato che, se dovesse essere eletto, egli “sarà al di sopra delle logiche di partito”, in molti dubitano sarà possibile. Ma soprattutto se si vuole davvero migliorare la condizione dei dalit discriminati, sottolinea Raghuvanshi, sarebbe meglio “promuovere un movimento di riconciliazione tra le diverse caste e comunità religiose a partire dalla società civile e creare legami tra coloro che per tanto tempo hanno sofferto la minaccia dell’emarginazione comunitaria e del brahamanesimo. Connessioni e incontri sono la strada migliore per combattere i pregiudizi pericolosi che portano all’odio tra le comunità”. Per questo l’attivista propone la creazione di “un movimento sociale neo-dalit per attuare una protesta coordinata sui problemi comuni. Sono benvenuti tutti coloro che lottano per i diritti umani, che vogliono invertire il processo di privatizzazione statale, di abuso delle risorse naturali, della divisione della società attraverso linee di odio alimentato da settarismo, feudalesimo e sistema patriarcale, incentivati dal sistema di caste del brahamanesimo e dalla sua ideologia dell’Hindutva”.