La Sala stampa della Santa Sede pubblica il programma dettagliato del viaggio. I vari incontri con le personalità politiche, come Aung San Suu Kyi, e quelli con le comunità cattoliche e i rappresentanti delle religioni. Laicità e convivenza fra le religioni. Le Chiese di Bangladesh e Myanmar “periferie” e “insignificanti”, povere ed evangelizzatrici, secondo il sogno di papa Francesco. I suggerimenti a India e Cina.
Città del Vaticano (AsiaNews) - La Sala stampa della Santa Sede ha reso pubblico oggi il programma dettagliato della visita di papa Francesco in Myanmar (26-30 novembre) e Bangladesh (30 novembre - 2 dicembre).
In entrambi i Paesi il pontefice avrà, come sempre, un giorno dedicato agli incontri ufficiali di tipo diplomatico e politico; un giorno per gli incontri con la Chiesa e con le rappresentanze religiose.
Il 28 novembre, a Nay Pyi Taw, la nuova capitale del Myanmar, Francesco incontrerà Htin Kyaw, il primo presidente civile dopo quasi 50 anni di dittatura militare; poi sarà la volta di Aung San Suu Kyi, consigliere di Stato e ministro degli Esteri e, soprattutto leader democratica e simbolo della nuova stagione del Myanmar. Ad essi seguirà un incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico.
I primi due saranno un deciso sostegno alla democrazia del Paese, dopo i decenni di governo della giunta militare che ha depredato e svenduto le ricchezze del Paese, ingaggiando lotte e violenze contro tutte le minoranze. E’ probabile che il papa più che parlare dei Rohingya, la minoranza islamica che dopo attacchi e uccisioni da parte dell’esercito, è fuggita verso il Bangladesh, parli dell’impegno di riconciliazione nazionale con tutte le minoranze (Shan, Karen, Kaya, Chin, Kachin, Naga, ecc.. ) anch’esse vittime di attacchi e uccisioni, e che la “Signora” vuole attuare, ostacolata proprio dalla politica del “divide et impera” dell’esercito. Nei mesi scorsi la crisi Rohingya ha portato molti leader mondiali ad accusare Aung San Suu Kyi. L’incontro con il corpo diplomatico sarà importante per correggere il tiro e spingere la comunità internazionale a una maggiore solidarietà con il Paese e col suo desiderio di democrazia.
Anche l’incontro l’indomani con il Consiglio supremo buddista è un esplicito messaggio alla riconciliazione nazionale. Tutte le lotte delle minoranze sono state spesso interpretate - anzitutto dai militari - come una guerra contro il buddismo e contro la nazione. Eppure, proprio il Consiglio supremo ha condannato i proclami bellicosi del monaco Wirathu - fautore di una guerra contro i musulmani - e la sua organizzazione per “proteggere la razza e la religione”.
Gli incontri con i cattolici prevedono una messa nello stadio del Kyaikkasan Ground e uno coi vescovi. Colpisce che, il giorno dopo, l’incontro coi giovani avvenga nella cattedrale di St.Mary a Yangon, che contiene alcune migliaia di persone. Questo è un altro segno importante del viaggio: papa Francesco non incontrerà folle oceaniche di cattolici, perché essi in Myanmar sono solo circa l’1% della popolazione: circa 500mila su 51 milioni. Ma egli gusterà l’entusiasmo della loro fede: per questi cristiani, la maggior parte dei quali proviene dalle minoranze, la Chiesa cattolica è stata l’aiuto fondamentale per uscire dalla povertà, dalla fame, dalla malattia, dall’analfabetismo.
Anche gli incontri coi cattolici del Bangladesh (390mila, lo 0,2% su una popolazione di 150 milioni) avverrà in luoghi piccoli, se si esclude la messa al Suhrawardy Udyan Park il 1° dicembre, in cui il papa ordinerà un sacerdote. Perfino l’incontro con i rappresentanti delle religioni (minoranze indù, buddiste, protestanti, oltre a rappresentanti dell’islam sunnita, maggioritario) avverrà nel giardino dell’arcivescovado di Dhaka.
All’incontro con le religioni, che vuole mostrare la capacità del Bangladesh di far convivere le diverse fedi, fa da pendant quello con le autorità, il corpo diplomatico e soprattutto la visita al Bangabandhu Memorial Museum, dove sono conservate le spoglie di Mujibur Rahman, padre della Patria e padre dell’attuale premier, la signora Sheikh Hasina. Mujibur Rahman ha cercato con tutte le forze di costruire un Paese laico, capace di accogliere ogni fede staccandosi dal Pakistan a tinte fortemente islamiche. Il Bangladesh si trova oggi ancora davanti al bivio fra la laicità e l’islam fondamentalista, alimentato dall’influenza e dagli aiuti dell’Arabia saudita.
Ci si può domandare come mai papa Francesco voglia visitare queste Chiese così piccole e così fragili. Un missionario del Pime (Pontificio istituto missioni estere) in Bangladesh ha detto che il pontefice “preferisce le periferie e il Bangladesh è una periferia del mondo” con una densità di popolazione di oltre mille abitanti per kmq (il 7° Paese al mondo) e un livello di povertà sul 31%.
In Myanmar, a detta del card. Charles Bo, vi è “una Chiesa insignificante”, spesso emarginata per la povertà e per l’essere minoranza fra le minoranze. Rimane il fatto che queste Chiese “insignificanti” per il mondo, evangelizzano per l’entusiasmo della fede, non per la potenza dei loro mezzi e questo è un sogno di papa Francesco (“Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri”, ha detto all’inizio del suo pontificato).
Il messaggio di Francesco va oltre queste “periferie”: ciò che egli dirà alla società civile in Myanmar e in Bangladesh potrà essere un suggerimento all’Asia e ai grandi vicini, l’India e la Cina, che ancora frenano la venuta del papa di Roma. Nel sottolineare la laicità dello Stato e la possibilità della convivenza pacifica delle religioni il papa suggerisce una via di pace oltre il fondamentalismo, di tipo nazionalistico e indù come avviene in India, o di tipo ateo e oligarchico come avviene in Cina.