Punjab, tre ahmadi condannati a morte per blasfemia

I presunti colpevoli sono Mubasher Ahmad, Ghulam Ahmed e Ehsan Ahmed. Portavoce degli ahmadi: “La condanna è ingiusta”. La scorsa settimana il genero dell’ex premier Sharif aveva invitato al boicottaggio sociale della minoranza “eretica”.


Islamabad (AsiaNews/Agenzie) – Un tribunale del Punjab pakistano ha condannato a morte tre uomini ahmadi con l’accusa di aver violato la legge sulla blasfemia. I giudici hanno stabilito che Mubasher Ahmad, Ghulam Ahmed e Ehsan Ahmed sarebbero colpevoli di insulto al profeta dell’islam. I tre ahmadi erano stati arrestati nel maggio 2014 in un remoto villaggio del Punjab, dopo che un abitante aveva sporto denuncia incolpandoli di aver fatto a pezzi un poster religioso islamico. Saleemuddin, portavoce della comunità ahmadi che in Pakistan viene considerata “eretica”, ha dichiarato a Voice of America: “Le accuse contro gli imputati e il verdetto della corte sono ingiusti. I condannati tentavano di demolire uno striscione che riportava slogan contro gli ahmadi e incitava al boicottaggio sociale della comunità, già oggetto di persecuzione”.

La condanna alla pena capitale arriva a pochi giorni da un altro episodio che ha coinvolto i membri della minoranza. La settimana scorsa Muhammad Safdar, membro del partito di governo, capitano in pensione e genero dell’ex primo ministro Nawaz Sharif, ha denunciato gli appartenenti alla comunità come una minaccia per l’intero Paese e ha lanciato un appello alle istituzioni pubbliche a non assumerli nelle forze armate o nell’amministrazione statale.

Il discorso di Safdar ha riacceso il dibattito sulla questione delle minoranze religiose e sui loro diritti. Ieri Sharif è intervenuto sull’episodio del genero, prendendone le distanze. “Dichiaro in modo categorico e inequivocabile – ha affermato – che tutte le minoranze che vivono in Pakistan sono titolari dei diritti fondamentali, compresa la protezione delle loro proprietà, così come garantito dalla Costituzione e dagli insegnamenti islamici”.

Ad ogni modo, Saleemuddin ha dichiarato: “Presenteremo ricorso presso l’Alta corte contro la sentenza di morte pronunciata dal tribunale”. In Pakistan la blasfemia è punita con la pena di morte ed è un tema che divide la società. Anche il solo sospetto può provocare la reazione violenta dei difensori del Corano. Il mese scorso Nadeem James, cristiano del Punjab, è stato condannato a morte con l’accusa di aver insultato il profeta Maometto su Whatsapp. Prima di lui, profondo sdegno ha suscitato ad aprile il feroce linciaggio di Mashal Khan, studente dell’università di Mardan, punito dai colleghi del campus dopo che si era sparsa la voce di suoi commenti “che promuovevano la fede ahmadi su Facebook”. In seguito, un’indagine voluta dalla Corte suprema ha stabilito che il giovane di 23 anni non ha mai pronunciato offese contro il profeta. Prima di lui però, almeno altre 62 persone sono state uccise tra il 1987 e il 2015.