14/04/2017, 12.29
PAKISTAN
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Mardan, sdegno di cattolici e attivisti per lo studente linciato a morte per presunta blasfemia (Video)

di Shafique Khokhar e Kamran Chaudhry

La vittima si chiamava Mashal Khan e aveva 23 anni. Studiava giornalismo presso la Abdul Wali Khan University. Nel campus si era diffusa la voce che gli attribuiva commenti in favore degli ahmadi su Facebook. “Abbiamo creato una società in cui gli studenti diventano assassini”. “La responsabilità è di tutti: politici, autorità, partiti radicali che rimangono in silenzio e sostengono l’estremismo”.

Mardan (AsiaNews) – Uno studente di 23 anni è stato linciato a morte dai suoi colleghi universitari perché accusato di aver pubblicato commenti blasfemi su Facebook. La vittima si chiamava Mashal Khan ed era iscritto al corso di Giornalismo e comunicazioni di massa presso la Abdul Wali Khan University di Mardan, nella provincia pakistana di Khyber Pakhtunkhwa. Le immagini del suo violento pestaggio e delle barbare torture inflitte sul suo corpo già esanime sono dilagate rapidamente sui social media ed hanno suscitato profondo sdegno (v. video. Attenzione: le immagini possono urtare la sensibilità dei lettori). Ad AsiaNews leader cattolici, attivisti, giornalisti ed educatori denunciano un clima infuocato di odio contro quelle frange liberali e intellettuali del Paese che negli ultimi mesi sono diventate sempre più bersaglio dei radicali islamici.

Il fatto è accaduto ieri nel cortile esterno dell’università, dove una folla di centinaia di studenti ha preso di mira il ragazzo. Secondo varie testimonianze, il primo obiettivo degli assalitori sarebbe stato un suo amico, Abdullah, riuscito a scappare e ora ricoverato con ferite su tutto il corpo. La polizia riporta che non erano mai state presentate denunce contro i due ragazzi. Eppure essi sono stati aggrediti dopo che nel campus si era sparsa la voce di loro commenti “che promuovevano la fede ahmadi su Facebook” [considerata eretica dalla maggioranza musulmana – ndr]. Stando ai racconti, alcuni studenti avrebbero chiesto ai due giovani di recitare versi del Corano e, al loro rifiuto, sarebbe scattata la violenza. I “protettori del Corano” hanno continuato ad infierire sul corpo del ragazzo anche dopo la morte, con calci e bastonate.

Secondo il rev. Jimmy Mathew, vescovo luterano di Mardan, il brutale linciaggio sarebbe frutto della “rivalità di due gruppi antagonisti. Ho parlato con alcuni giovani locali, che mi hanno riferito che già in passato erano avvenuti scontri. L’accusa di blasfemia è solo per coprire il crimine”. Il reverendo aggiunge che “il governo ha ordinato l’apertura di un’indagine [al momento sono stati arrestati 45 studenti – ndr]. Serve una punizione esemplare per la violenza di massa”.

Hamza Arshad, analista e giornalista, afferma: “Ecco dove è arrivata la nostra società. Basta la semplice accusa di blasfemia a scatenare il vulcano di fuoco che ti avvolge, mentre i fanatici gridano slogan. La nostra società è diventata una fornace di sentimenti rabbiosi. Il modo in cui il giovane studente è stato ucciso e l’indifferenza delle guardie di sicurezza sono scioccanti, ma non ci sorprendono, perché nessuno ha mai difeso una persona accusata di blasfemia”. L’attivista lamenta che in Pakistan “non è concesso alcuno spiraglio di pensiero critico. L’unica cosa verso cui si è ben disposti è l’intolleranza”. “Potremmo pure combattere i talebani e i jihadisti – aggiunge in maniera provocatoria – ma poi coloro che si fanno giustizia con mazze e pistole sono come le vacche sacre. Qui lo Stato è testimone passivo”.

Rojar Randhawa, dirigente della Caritas di Lahore, ha pubblicato il video dell’aggressione sul suo profilo. “La violenza mostra che abbiamo seminato l’odio nella società e ora ne stiamo raccogliendo i frutti. L’estremismo religioso è ai massimi livelli in varie parti del mondo”.

Muhammad Jibran Nasir, noto attivista, dichiara: “Abbiamo creato una società in cui gli studenti diventano assassini. Tutto questo è colpa dei] generali che inquinano le giovani menti e armano la religione con mezzi violenti, così come dei generali che decidono di rimanere in silenzio e lasciano che le violenze accadano”. Per non parlare di “quei partiti e di politici come Capt Safdar, Siraj ul Haq, Pir Hasnat Shah, Nasir Chatta e Sunni Tehreek che tessono le lodi di Mumtaz Qadri [l’assassino reo confesso dell’ex governatore del Punjab Salman Taseer, ndr]. I partiti politici di maggioranza come PMLN (Pakistan Muslim League (Nawaz)), PPP (Pakistan Peoples Party) e PTI (Pakistan Tehreek-e-Insaf) sono condiscendenti con i gruppi terroristi e formano con loro alleanze politiche, che gli consentono di avere spazio sulla scena pubblica e diffondere la loro ideologia”. L’attivista sottolinea un altro aspetto, ancora più grave: “Oggi non abbiamo perso solo Mashal Khan, ma anche centinaia di studenti diventati assassini. Siamo tutti responsabili”.

Lo scrittore Abdul Hameed Gondal aggiunge amareggiato che “niente accadrà”. Poi domanda: “Che tipo di generazione stiamo crescendo nelle università? Questi studenti non appartengono a gruppi terroristi come lo Stato islamico. Il pensiero estremista esiste già nelle nostre case”. Dello stesso parere è il professor Anjum James Paul, presidente della Pakistan Minorities Teachers Association, che lamenta: “Se studenti con istruzione superiore dimostrano così tanta intolleranza, cosa dovremmo aspettarci da quelli di base?”.

Inam Rana, avvocato e direttore del giornale online “Mukaalma”, commenta. “È davvero triste che una religione che insegna a sfoderare il coltello per macellare gli animali (capre, pecore e agnelli) in modo che essi soffrano meno, allo stesso modo consente che un essere umano sia ucciso in nome di quella religione. Lo Stato deve adottare seri provvedimenti e punire coloro che utilizzano l’accusa di blasfemia solo per interesse personale”.


 

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