La vergogna verso mons. Shao Zhumin, vescovo sequestrato dalla polizia
di Bernardo Cervellera

Il silenzio di tanti commentatori dettato dallo smacco: si pensava che dopo l’accordo fra Cina e Santa Sede tutto sarebbe filato liscio. La persecuzione avviene in molte regioni del Paese e con l’avallo del potere centrale. I cattolici sotterranei sospettano con amarezza che il Vaticano li abbia abbandonati. Il complesso “papolatrico”: invece di badare alla verità, si misurano le cose se sono “pro o contro Francesco”. Il complesso “mercatolatrico”: commerciare con la Cina vale tutti i silenzi. Ma, come dice il papa, la libertà religiosa è “un diritto umano fondamentale, baluardo contro le pretese totalitariste”.


Roma (AsiaNews) - Ce lo aspettavamo. La notizia dell’ennesimo arresto – il quinto in due anni - di mons. Pietro Shao Zhumin, vescovo di Wenzhou, è passata sotto silenzio. Eccetto per alcuni media spagnoli e inglesi, e qualche raro sito italiano oltre ad AsiaNews, sembra che trascinare un vescovo, molto noto in Cina per la sua dirittura e il suo coraggio, a subire decine di giorni di indottrinamento come ai tempi della Rivoluzione culturale, non sia una notizia degna di nota, anzi qualcosa di fastidioso, che vale la pena far tacere.

Mi chiedo cosa succederebbe se un bravo vescovo italiano, mettiamo il simpatico mons. Matteo Zuppi di Bologna, venisse rapito da un gruppo di fondamentalisti islamici per indottrinarlo e farlo musulmano, beninteso: senza torcergli un capello, come avviene per mons. Shao. Immagino che tutte le prime pagine porterebbero titoli cubitali. Nel caso del vescovo di Wenzhou non si tratta di fondamentalisti islamici, ma di fondamentalisti “dell’indipendenza”: essi vogliono convincere il vescovo che appartenere all’Associazione patriottica, che vuole costruire una Chiesa “indipendente” dalla Santa Sede, è un bene per lui, per la Chiesa e per il mondo.

Dal punto di dogmatico, rimane sempre vero quanto detto da Benedetto XVI nella Lettera ai cattolici cinesi, che lo statuto dell’Ap è “inconciliabile con la dottrina cattolica”. E varie volte in passato, papa Francesco ha detto che la Lettera di Benedetto XVI “è ancora valida”.

Appartenere all’Ap, poi, mette tanti limiti alla vita di un vescovo: controlli 24 ore su 24; verifica e richiesta di permessi per visite pastorali e per incontrare ospiti; requisizione per settimane e mesi per partecipare a convegni di indottrinamento sulla bontà della politica religiosa di Pechino.

La vergogna dei media

Io credo che il silenzio dei media – specie dei media cattolici – nasca anzitutto dalla vergogna. Pochi mesi fa, il 22 settembre, essi hanno così tanto esaltato l’accordo fra la Cina e la Santa Sede, da dare l’impressione che d’ora in poi tutto sarebbe stato in discesa. Ammettere invece che per la Chiesa in Cina vi sono ancora molti problemi di persecuzione rappresenta uno smacco che – è comprensibile - si fa fatica a confessare. Se poi all’arresto del vescovo aggiungiamo le chiese chiuse e sigillate, le croci distrutte, le cupole rase al suolo, i santuari demoliti, il divieto attuato dalla polizia ai minori di 18 anni di andare in chiesa o partecipare al catechismo, ci si accorge che l’accordo sulle nomine dei vescovi – come abbiamo detto  in passato – è buono perché evita il sorgere di vescovi scismatici, ma lascia intatta la situazione in cui l’Ap e il Fronte Unito si percepiscono i veri capi della Chiesa cattolica in Cina (e non il papa). Questo è confermato dalle lezioni che i due organismi stanno svolgendo in molte regioni della Cina, in cui a preti e vescovi ribadiscono che “nonostante l’accordo sino-vaticano”, la Chiesa deve continuare ad essere “indipendente” (dal papa e dalla Santa Sede).

Purtroppo l’accordo “provvisorio”, non pubblicato e segreto, permette alla Cina di dare la propria interpretazione. Fronte unito e Ap costringono sacerdoti e vescovi ad iscriversi alla Chiesa “indipendente”, dicendo che “il papa è d’accordo con noi”, tanto che diversi cattolici sotterranei sospettano con amarezza che il Vaticano li abbia abbandonati nella tormenta.

Qualcuno dei cosiddetti “esperti” della Cina, minimizza i fatti di persecuzione, dicendo che essa avviene solo in “pochi posti”. In realtà si registrano persecuzioni in molte regioni: Hebei, Henan, Zhejiang, Shanxi, Guizhou, Mongolia interna, Xinjiang, Hubei, … E di sicuro ci saranno altri luoghi che non sono riusciti a diffondere notizie.

Un'altra “riduzione” sta nel dire che queste cose avvengono in periferia, ma al centro, a Pechino, si vuole davvero che l’accordo funzioni. Rimane il fatto che dall’ottobre scorso, dopo il Congresso del Partito comunista, Fronte unito e Ap sono sotto il diretto controllo del Partito: è praticamente impossibile che il centro (Xi Jinping, segretario generale del Partito) non sappia quello che avviene in periferia, con casi così eclatanti che scuotono la comunità internazionale.

Il complesso papolatrico

Oltre alla vergogna, credo che a spingere al silenzio vi siano altri due motivi.

Il primo è una specie di “complesso papolatrico”: siccome papa Francesco è un sostenitore dell’accordo con la Cina e un coraggioso fautore del dialogo con la cultura cinese, sembra che mettere in luce le persecuzioni siano un’offesa al pontefice. A parte il fatto che papa Francesco ha sempre sottolineato che lui ama la schiettezza e non l’adulazione, egli ha sempre detto che il dialogo si fa fra due identità, non tacendo la propria e se la propria identità è fatta di martiri, non la si può nascondere.

Vero è che ormai all’interno della Chiesa, di qualunque cosa si parli, ci si domanda sempre “è a favore o contrario a Francesco?”.  Ciò deriva dal fatto che al presente gruppi di conservatori e di progressisti in tutto il mondo fanno un braccio di ferro per abbattere o elevare la persona di Francesco per salvaguardare la propria visione ecclesiale. E una volta, grazie a questa visione ideologica, anche AsiaNews è stata sospettata di essere “contro papa Francesco”. Cercare la verità e il bene per la Chiesa in Cina non mi sembra un complotto contro il pontefice, al quale rimaniamo affezionati come al nostro capo della Chiesa e segno visibile della nostra unità. Ma chi si mostra così difensore del papa e così silenzioso sulla persecuzione dei cristiani in Cina, rischia di non amare né Francesco, né la Chiesa, ma solo il suo progetto ideologico per la Chiesa futura, mentre lascia che quella di oggi venga soffocata.

Il complesso mercatolatrico

Il secondo motivo potrebbe riguardare soprattutto i media cosiddetti “laici”, per un complesso “mercatolatrico”, di divinizzazione del mercato cinese. Si tace su persecuzione e arresti perché è “cosa troppo piccola” a confronto della guerra dei dazi fra Cina e Usa e del futuro da superpotenza dell’Impero di Mezzo. I media e le librerie sono pieni di articoli e libri che osannano Pechino, o la sviliscono, a seconda che si parteggi per la Cina o per gli Stati Uniti. In tal caso, non ci si accorge che la libertà religiosa di un Paese è segno della sua “bontà”. Proprio papa Francesco, incontrando il 5 novembre scorso il World Congress of Mountain Jews ha detto che “la libertà religiosa è un bene sommo da tutelare, un diritto umano fondamentale, baluardo contro le pretese totalitariste”. Perciò, chi vuole davvero libertà di commercio in Cina, dovrebbe difendere anzitutto la libertà religiosa. Ne sanno qualcosa diversi grandi imprenditori cinesi che pur volendo commerciare e investire all’estero, devono obbedire alle restrizioni del governo centrale. Mons. Shao Zhumin non è dunque una “piccola cosa”, ma il segno di come la Cina si sta evolvendo.

Vale la pena ricordare un’ultima cosa: mons. Shao Zhumin è vescovo di una Chiesa ormai unificata, dove non c’è più la divisione fra cattolici ufficiali e sotterranei, proprio quello che sperava papa Francesco nel suo Messaggio ai cattolici cinesi e del mondo, pubblicato pochi giorni dopo l’accordo. Eppure, l’Ap, oltre a sequestrare il vescovo, in questi giorni ha proibito a sacerdoti “ufficiali” di andare a rendere omaggio alle tombe di sacerdoti e vescovi “sotterranei”. E questo è il segno che la divisione nella Chiesa cinese non è voluta anzitutto dai cattolici, ma dal Partito. Questa politica – che dura da 60 anni – non ci sembra a favore dell’evangelizzazione della Cina, ma – come detto tante volte in passato  dalla stessa Ap – è un passo verso la soppressione di tutti i cristiani.