In aprile i cittadini eleggeranno presidente, vice e membri dell'Assemblea consultiva. Esponenti politici, leader religiosi e società civile sono preoccupati dal diffuso disinteresse. Dall’arcivescovo di Semarang un appello all’unità nazionale: “Anche se opinioni e scelte politiche sono diverse, l'Indonesia siamo Noi”.
Jakarta (AsiaNews) – In vista delle prossime elezioni generali, mons. Robertus Rubiyatmoko (foto), arcivescovo di Semarang (Central Java) mette in guardia i cattolici da astensionismo e “Golongan Putih”, espressione indonesiana per indicare la scheda bianca. “Sono pratiche sconsigliabili”, afferma il presule nella sua ultima esortazione pastorale. Dal titolo “Esprimi il tuo nazionalismo diventando un elettore intelligente e saggio”, il documento esorta i fedeli dell’arcidiocesi ad “esercitare i propri diritti e prender parte alla tornata elettorale”.
Per la prima volta nella storia del Paese, il prossimo 17 aprile i 190 milioni di aventi diritto eleggeranno nello stesso giorno il presidente, il vicepresidente, i membri del parlamento (Dpr) e i rappresentanti regionali (Dpd). Esponenti politici, leader religiosi e movimenti della società civile manifestano il timore che gran numero di indonesiani non si recheranno alle urne. Tra i possibili motivi vi è la prossimità delle elezioni con l’unico fine settimana lungo del 2019, che si aprirà con la festività nazionale del Venerdi santo (19 aprile).
Secondo gli analisti, parte degli elettori mostra disinteresse anche per la delusione diffusa verso due degli avvenimenti recenti più dibattuti dall’opinione pubblica. Uno di questi riguarda l’ex governatore di Jakarta, il cristiano di etnia cinese Basuki “Ahok" Tjahaja Purnama. Lo scorso 24 gennaio, il politico è tornato libero dopo aver scontato in carcere quasi due anni di una controversa condanna per blasfemia. Considerato dai progressisti un “combattente per la democrazia” ed un modello per ogni funzionario pubblico, Purnama ha scioccato molti dei suoi sostenitori intentando una causa di divorzio dalla moglie e annunciando subito un nuovo matrimonio: sposerà la donna che si occupava della sicurezza dell’ex consorte.
Altra vicenda che ha diviso la società indonesiana è la scarcerazione “per motivi umanitari”, prima annunciata e poi annullata in seguito alle critiche, del leader islamico radicale Abu Bakar Baasyir. L’80enne guida spirituale di Jemaah Islamiah (Ji), è considerato la mente degli attentati di Bali nel 2002. Baasyir era stato condannato nel 2011 a 15 anni, per aver finanziato un campo d’addestramento di fondamentalisti nella provincia di Aceh.
L’astensionismo spaventa anche i vertici della Chiesa cattolica d’Indonesia. Per questo, mons. Rubiyatmoko lancia un appello ad elettori cattolici e ai politici. L’arcivescovo di Semarang invita i primi a recarsi alle urne, dopo aver riflettuto sui programmi politici dei candidati e sul proprio impegno, evitando un voto d’interesse. Ai secondi, il presule ricorda “il dovere morale di esercitare regole etiche e di condotta; che il loro obiettivo dev’essere la prosperità del Paese”. “La campagna elettorale – afferma – sia come un'educazione politica in cui programmi, visione e missione sono esposti al pubblico. Vi esortiamo a promuovere la giustizia sociale per tutti”. Mons. Rubiyatmoko conclude la sua lettera richiamando la nazione all’unità: “Le nostre opinioni e scelte politiche possono anche esser diverse, ma l'Indonesia siamo Noi”.