L’aggressione è avvenuta nell’accampamento di Kutupalong Maga, tra i più affollati. Le 25 famiglie cristiane sono state trasferite nel campo di transito dell’Onu. Caritas Bangladesh: “Serviamo persone di ogni fede”.
Cox’s Bazar (AsiaNews) – I leader cristiani del Bangladesh esprimono “profonda preoccupazione” per l’attacco compiuto contro le famiglie cristiane Rohingya in un campo profughi di Cox’s Bazar. L’aggressione è avvenuta la notte del 27 gennaio scorso nell’accampamento di Kutupalong Maga. Il giorno seguente le 25 famiglie cristiane presenti, in totale 70 persone, sono state trasferite nel campo di transito dell’Unhcr. Ad AsiaNews Nirmol Rozario, presidente della Bangladesh Christian Association, afferma: “L’attacco è un episodio molto triste”.
L’associazione sta organizzando una visita alle famiglie aggredite. Sebbene non si conoscano i motivi dell’incidente, per il cristiano Saiful Islam Peter, uno dei profughi, l’origine è l’intolleranza religiosa per “la fede cristiana”. L’uomo riporta che l’attacco è stato compiuto dai membri del gruppo militante Arsa (Arakan Rohingya Salvation Army). “Il gruppo terrorista musulmano – aggiunge – ha distrutto le nostre case e la chiesa”.
Secondo le vittime, l’attacco ha provocato 12 feriti, di cui otto ricoverati in ospedale. Per la polizia invece, i feriti sono quattro cristiani e un musulmano. Le forze dell’ordine ritengono che non si tratterebbe di violenza religiosa, ma di “un ordinario incidente d’ordine pubblico”. Mahbub Alam Talukder, commissario per il sostegno e il rimpatrio dei rifugiati, conferma che le famiglie cristiane sono state trasferite in un altro campo.
Nelle tendopoli di Cox’s Bazar, in particolare quella di Kutupalong al confine con il Myanmar, sono ammassati oltre 740mila rifugiati, fuggiti dopo lo scoppio delle violenze tra esercito birmano e militanti dell’Arsa nell’agosto del 2017. Oltre alle 25 famiglie cristiane a Kutupalong, altre 444 famiglie indù sono accolte nell’accampamento di Ukhia. Secondo alcune fonti, i membri delle due minoranze sarebbero perseguitate dal resto dell’etnia di fede musulmana.
Nei campi del distretto opera anche Caritas Bangladesh. Un funzionario dell’associazione cattolica dice: “Lavoriamo per persone di ogni fede. Non contiamo chi è cristiano, indù o musulmano. Non mettiamo davanti la religione quando serviamo. Ogni campo ha un responsabile incaricato di risolvere i conflitti. La polizia e il funzionario incaricato risolveranno i problemi”.