Vaticano: indulgenza plenaria e assoluzione collettiva per i malati di coronavirus

Un decreto della Penitenzieria apostolica riguarda , i malati di coronavirus, quanti sono sottoposti a quarantena nonché gli operatori sanitari e i familiari che, si espongono al rischio di contagio per assistere chi è colpito dal Covid-19.


Città del Vaticano (AsiaNews) – I malati di coronavirus in tutto il mondo possono avere l’indulgenza plenaria anche se non possono confessarsi individualmente. La possibilità della assoluzione collettiva, ricordata ieri da papa Francesco, è oggetto di un decreto della Penitenzieria apostolica che stabilisce ciò che i malati debbono fare per avere l’indulgenza plenaria, anche in punto di morte, quando sia impossibile ricevere i sacramenti. 

Nel tempo dell’epidemia, “scandito giorno dopo giorno da angosciose paure, nuove incertezze e soprattutto diffusa sofferenza fisica e morale”, la Chiesa offre la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria ai malati di Coronavirus, agli operatori sanitari, ai familiari e a tutti coloro che a qualsivoglia titolo, anche con la preghiera, si prendono cura di essi. Per averla, i malati di coronavirus, quanti sono sottoposti a quarantena nonché gli operatori sanitari e i familiari che, si espongono al rischio di contagio per assistere chi è colpito dal Covid-19, potranno anche semplicemente recitare il Credo, il Padre nostro e una preghiera a Maria.

Il momento attuale rende anche possibile, ricorda la Penitenzieria, la confessione collettiva. “La confessione individuale rappresenta il modo ordinario per la celebrazione di questo sacramento (cf. can. 960 CIC), mentre l’assoluzione collettiva, senza la previa confessione individuale, non può essere impartita se non laddove ricorra l’imminente pericolo di morte, non bastando il tempo per ascoltare le confessioni dei singoli penitenti (cf. can. 961, § 1 CIC), oppure una grave necessità (cf. can. 961, § 1, 2° CIC)”. Ora “e fino a quando il fenomeno non rientrerà, ricorrano i casi di grave necessità”. In concreto, ove “i singoli fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale, si ricorda che la contrizione perfetta, proveniente dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, espressa da una sincera richiesta di perdono (quella che al momento il penitente è in grado di esprimere) e accompagnata dal votum confessionis, vale a dire dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali”, come indicato dal Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1452)”.

La Penitenzieria chiede anche di valutare “la necessità e l’opportunità di costituire, laddove necessario, in accordo con le autorità sanitarie, gruppi di ‘cappellani ospedalieri straordinari’, anche su base volontaria e nel rispetto delle norme di tutela dal contagio, per garantire la necessaria assistenza spirituale ai malati e ai morenti”.

Il decreto, infine, “concede al fedele l’Indulgenza plenaria in punto di morte, purché sia debitamente disposto e abbia recitato abitualmente durante la vita qualche preghiera (in questo caso la Chiesa supplisce alle tre solite condizioni richieste). Per il conseguimento di tale indulgenza è raccomandabile l’uso del crocifisso o della croce (cf. Enchiridion indulgentiarum, n.12)”.