Per l’analista militare Collin Koh, la maggiore presenza navale nel Pacifico occidentale aumenta il pericolo di scontri “accidentali”, ma le nazioni coinvolte non arriveranno a combattere un conflitto “caldo”. Un confronto bellico sprofonderebbe la Cina in un potenziale “caos socioeconomico”. Gli sviluppi lungo lo Stretto di Taiwan e il Mar Cinese meridionale.
Hong Kong (AsiaNews) – È poco probabile che nel breve periodo Cina e Stati Uniti combattano una guerra aperta, malgrado le due potenze stiano aumentando l’impegno militare nei due fronti geopolitici più caldi dell’Asia orientale: il Mar Cinese meridionale e lo Stretto di Taiwan. È quanto dichiara ad AsiaNews Collin Koh, esperto di questioni militari della Scuola di studi internazionali S. Rajaratnam di Singapore.
La portaerei cinese Shandong, la prima costruita in modo autonomo da Pechino, è passata ieri attraverso lo Stretto di Taiwan accompagnata da quattro navi scorta. Lo hanno rivelato le autorità di Taipei, che hanno sottolineato di aver inviato nell’area di passaggio sei unità navali da guerra e otto aeroplani per monitorare la situazione. L’isola è considerata dai cinesi una provincia “ribelle”, da riconquistare con la forza se necessario.
La sortita della Shandong arriva quattro giorni dopo il transito nelle stesse acque del cacciatorpediniere statunitense Mustin. Il comando orientale delle Forze armate cinesi ha dichiarato che proprie imbarcazioni avevano pedinato la nave da guerra di Washington. Il Pentagono ha annunciato il 17 dicembre una maggiore presenza navale Usa nell’Indo-Pacifico per contrastare l’approccio “espansionista” di Pechino.
Per Koh, “il rafforzamento militare da parte di vari attori potrebbe aumentare i rischi di scontri accidentali e involontari in punti critici della regione”. È da vedere però se i Paesi coinvolti in questi incidenti arriveranno a confrontarsi in un conflitto “caldo”, dice l’analista di Singapore. Egli è portato a credere che alla fine essi sceglieranno di ridurre la tensione.
Secondo i taiwanesi, la Shandong è diretta a sud. Immagini satellitari citate oggi dal South China Morning Post mostrano che le autorità militari cinesi hanno costruito un grande bacino di carenaggio nell’isola di Hainan, capace di ospitare portaerei di dimensioni anche superiori alle due ora in servizio nella Marina di Pechino. La struttura è all'interno di una base navale sul Mar Cinese meridionale, dove la Cina vanta rivendicazioni territoriali contestate da diversi Paesi dell'area e dagli Stati Uniti.
“Il 2021 coincide con il centenario della nascita del Partito comunista cinese, e non sono convinto – afferma Koh – che la Cina voglia una grande guerra che sprofonderebbe il Paese in un potenziale caos socioeconomico”. A suo dire ciò è ancora più improbabile in un momento in cui la leadership è impegnata a migliorare la propria immagine. A meno che i cinesi non nutrano una grande fiducia nel portare a termine una vittoriosa campagna militare, risultato che permetterebbe loro di “lucidare le proprie credenziali”.
“Mentre i leader del Partito sanno che gli Usa sono impantanati nella pandemia da coronavirus – aggiunge Koh – i pianificatori militari cinesi dovrebbero essere abbastanza misurati da comprendere che la presenza militare degli Stati Uniti [in Asia orientale] rimane un ostacolo significativo”.