Concepito in chiave anti-cinese, Trump lo aveva rigettato nel 2017. Scettico il Giappone. I cinesi dovrebbero rispettare gli alti standard del patto, soprattutto su ambiente, lavoro e imprese di Stato. Anche Taiwan vuole entrare nella Cptpp. Consumi languono in Cina, Xi si affida ancora all’export per la ripresa dalla pandemia.
Pechino (AsiaNews) – La Cina ha presentato ieri formale domanda per aderire alla Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (Cptpp), l’accordo di libero scambio erede della Trans-Pacific Partnership (Tpp) voluta dall’ex presidente Usa Barack Obama.
L’annuncio è arrivato a 24 ore dal lancio di un nuovo patto militare tra Stati Uniti, Australia e Regno Unito, una mossa che Pechino ha criticato con forza. Aukus (il nome dell’intesa) ha un’evidente orientamento anti-cinese.
Il Giappone ha dichiarato che valuterà con attenzione la richiesta di adesione dei cinesi. Tokyo è l’azionista di maggioranza della Cptpp, firmata nel 2016 anche dagli Usa. Con la partecipazione di Washington essa avrebbe rappresentato il 40% del commercio mondiale. L’amministrazione Obama la vedeva come uno strumento di soft-power per contenere l’ascesa cinese, ma all’inizio del suo mandato presidenziale Donald Trump l’ha rigettata. Oltre a Tokyo ne fanno parte Australia, Brunei, Canada, Cile, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam.
Il governo nipponico ha precisato che sarà necessario verificare se Pechino è in grado di rispettare gli elevati standard – soprattutto su ambiente e lavoro – previsti dalla Cptpp. Il ministro giapponese delle Finanze Taro Aso si è mostrato scettico. Egli si domanda come allo stato attuale la Cina possa entrare nella grande intesa multilaterale, che contiene norme stringenti sulle industrie di Stato, protette gelosamente da Xi Jinping e dal Partito comunista cinese.
La Cina ha bisogno dell’appoggio unanime di tutti i membri della Cptpp. Con molti di loro, come lo stesso Giappone, l’Australia e il Vietnam, Pechino ha dispute territoriali o commerciali.
Tokyo dice che le trattative con la Gran Bretagna hanno la precedenza. Il governo britannico terrà a fine settembre il primo incontro per negoziare la sua adesione. Anche Corea del Sud e Thailandia hanno espresso interesse verso la Cptpp. Lo stesso ha fatto Taiwan, ma la sua presenza è subordinata all’esclusione di Pechino, che considera Taipei una “provincia ribelle”.
Diverse nazioni Cptpp fanno parte anche della Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep), il più grande accordo di libero scambio al mondo, dominato dalla Cina. Firmata in novembre dai 10 Paesi Asean (Associazione dei Paesi del sud-est asiatico), più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, essa copre circa il 30% del Pil e della popolazione globale. In termini di apertura dei mercati, la Rcep è però ben al di sotto dei livelli stabiliti nella Cptpp o negli accordi di libero scambio siglati dall’Unione europea con Giappone, Vietnam e Singapore.
Secondo gli analisti, la Cina vuole partecipare alla Cptpp per guadagnare ancora più centralità nella regione Asia-Pacifico: un modo anche per arginare la forte pressione Usa, di cui Aukus è l’ultimo tassello in ordine di tempo. Nonostante i piani di Xi per accrescere la quota di Pil nazionale generata dai consumi interni, l’export rimane il motore della ripresa economica cinese dalla pandemia. Secondo statistiche ufficiali di Pechino, tra luglio e agosto le vendite al dettaglio (un indicatore chiave dei consumi) sono calate del 6% nel Paese.