Accordo sulla nomina dei vescovi, annunciato il secondo rinnovo
di p. Gianni Criveller *

Il commento di p. Criveller, missionario del Pime e sinologo: “Di nuovo un’intesa provvisoria dopo un biennio in cui sono stati nominati appena due vescovi. Restrizioni alla pratica religiosa applicate con una severità mai vista. Dubbi sulla sincerità della parte cinese nel dialogo in corso”.


Roma (AsiaNews) - La Santa Sede ha ufficializzato oggi il rinnovo dell’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi. Un annuncio accompagnato da due interviste nelle quali si affrontano anche gli elementi di criticità presenti al suo interno.

In particolare, sulla presenza di soli sei vescovi il segretario di Stato card Pietro Parolin a Vatican News ha spiegato: “Sono le prime, mentre altre procedure sono in corso. Nello stesso tempo, siamo consapevoli che ci sono ancora numerose diocesi vacanti e altre che hanno vescovi molto anziani. Ci sono anche diocesi nelle quali il cammino verso la riconciliazione, tanto auspicato da Papa Francesco, segna il passo. Infine, ci sono diocesi nelle quali, malgrado gli sforzi e la buona volontà, non si riesce ad avere un proficuo dialogo con le autorità locali. Noi speriamo vivamente che nel prossimo biennio si possa continuare ad individuare, secondo la procedura stabilita, buoni candidati all’episcopato per la Chiesa che è in Cina. Ovviamente, non ci nascondiamo le non poche difficoltà che toccano la vita concreta delle comunità cattoliche, sulle quali poniamo la nostra massima attenzione, e per la cui buona soluzione sono necessari nuovi passi in avanti in un rapporto di collaborazione che ha molteplici protagonisti: la Santa Sede, le autorità centrali, i vescovi con le loro comunità, le autorità locali”.

Sul senso complessivo di tale accordo ha ragionato con Fides anche il card Luis Antonio Tagle, del dicastero per l'Evangelizzazione: “La Santa Sede non ha mai parlato dell’accordo come della soluzione di tutti i problemi. Si è sempre percepito e affermato che il cammino è lungo, può essere faticoso, e che l’accordo stesso poteva suscitare incomprensioni e disorientamenti. La Santa Sede - prosegue il porporato - non ignora e non minimizza nemmeno la difformità di reazioni tra i cattolici cinesi davanti all’accordo, dove la gioia di tanti si intreccia con le perplessità di altri. Fa parte del processo. Ma occorre sempre “sporcarsi le mani” con la realtà delle cose così come sono”.

Di seguito riportiamo la prima parte di un commento dedicato al rinnovo di questo Accordo da p. Gianni Criveller, missionario del Pime e sinologo:

Come anticipato già nei mesi scorsi da papa Francesco e dal card. Pietro Parolin, l’accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese è stato rinnovato per altri due anni: l’annuncio è stato dato oggi dalla sala stampa vaticana. 

Si tratta di un rinnovo provvisorio: è un dettaglio interessante perché, a quanto ci risulta, nei piani originali del 2018, l’anno in cui l’accordo venne siglato, si prevedeva una possibile estensione di due anni (cosa infatti avvenuta nel 2020) per poi procedere o ad una formalizzazione stabile dell’accordo, o alla sua sospensione. Lo scriviamo con riserva perché non ci basiamo su documenti scritti, ma è un’affermazione che si basa su informazioni ricevute a suo tempo da fonti autorevoli.

Dopo due anni, in questo ottobre 2022, l’accordo non è stato né sospeso, né confermato stabilmente. È un rinnovo provvisorio. Segno evidente che, almeno da parte vaticana - l’unica da cui abbiamo dichiarazioni pubbliche sulla questione - c’è la volontà di proseguire il dialogo ma anche una certa insoddisfazione per i risultati ottenuti. Crediamo che la Santa Sede non abbia rinnovato l’accordo a cuor leggero, ma con l’acuta consapevolezza della responsabilità storica e della grande posta in gioco per la vita dei credenti, della fede e dell’evangelizzazione in Cina.

Il card Parolin aveva affermato, lo scorso 11 aprile, che sperava che dalle negoziazioni in corso si potesse ottenere precisazioni e persino la “revisione di alcuni punti”. Non ci è dato di sapere se questi autorevoli desideri siano stati esauditi. Temiamo di no.

Da parte sua il papa stesso, in almeno due occasioni, il 1 settembre 2021 e nell’intervista alla Reuters del luglio scorso, aveva affermato che le cose vanno a rilento con risultati inferiori alle attese. Tuttavia il papa ha anche affermato che qualcosa era stato fatto, ovvero qualche nomina, e che bisognava andare avanti nella via del dialogo. Aggiunse che vanno tenuti in conto i tempi della Cina, da lui descritti come lenti, perché la Cina ha una prospettiva storica lunga e non ha fretta.

Osservatori e funzionari vaticani hanno suggerito che la pandemia, impendendo per più di due anni contatti diretti, avrebbe avuto un certo ruolo nel limitato successo dell’accordo. Che tuttavia rimane segreto, e dunque è difficile valutarne con precisione i risultati.

AsiaNews ha recentemente ricapitolato (https://www.asianews.it/notizie-it/Accordo-Cina-Vaticano:-i-vescovi-ordinati-e-le-diocesi-vacanti-56227.html) le nomine episcopali seguite all’accordo: sono solo sei, di cui almeno due già decise prima dell’accordo. C’è inoltre stata l’installazione nelle loro diocesi di sei vescovi, tre non ufficiali e dunque riconosciuti dal governo; e tre ufficiali che non erano ancora entrati nelle diocesi loro assegnate.

Occorre ricordare che prima dell’accordo, accanto a riprovevoli casi di elezione illegittime (ovvero non riconosciute dalla Santa Sede), c’erano casi in cui Santa Sede e autorità cinesi convergevano autonomamente sulla stessa persona. Oppure una parte dopo qualche tempo riconosceva la scelta dell’altra. Dunque la nomina concordata dei vescovi non dovrebbe essere sempre tanto difficile.

Le nomine compiute nel 2021 sono solo due, nessuna nel 2022. Il risultato è assai modesto, che deve essere confrontato con il gran numero di diocesi ancora senza vescovo: almeno 36, più di un terzo delle 96 diocesi riconosciute dal governo in Cina.

Questa situazione irrisolta mostra che l’accordo non è un volano che ha rimesso in moto la vita ecclesiale in Cina. Questi sarebbero gli anni migliori per nuove e numerose nomine: non mancano infatti i presbiteri in età episcopale, non mancano i candidati. Mentre in futuro potrebbe esserci una carenza di sacerdoti adatti alla nomina, in quanto anche in Cina diminuiscono i candidati al presbiterato e un certo numero di presbiteri lascia il ministero.

Nei due decenni prima dell’accordo Liu Bainian, il leader storico dell’Associazione Patriottica dei cattolici cinesi, giustificava il massiccio ricorso alle ordinazioni illegittime dei vescovi, come quella del 6 gennaio 2000, proprio con la necessità di dare un vescovo alle diocesi in attesa. E accusava il Vaticano di impedire al gregge cattolico di avere i suoi pastori. Dunque anche da parte delle autorità cinesi si riconosce che non esiste una vita cattolica senza il vescovo. Eppure si trascina a lungo una situazione che indebolisce la pratica di fede delle comunità cattoliche cinesi. O forse si vuole proprio quello.

Questo non è che un aspetto delle incongruenze che fanno dubitare della sincerità da parte governativa nell’attuazione del dialogo in corso. La legislazione del 1 febbraio 2018 che regola in modo fortemente restrittivo la pratica religiosa è applicata con severità mai vista prima, anche se non uniformemente nel tempo e nel territorio. Particolarmente grave è la durezza con cui in alcuni luoghi viene applicata la proibizione ai minori di partecipare alle funzioni religiose, di ricevere la dottrina e i sacramenti. Ciò mette a grave rischio la trasmissione della fede.

Le ordinazioni episcopali, anche quelle concordate nello schema dell’accordo, non ammettono testimoni della Chiesa universale, come avveniva nel passato. UcaNews, l’agenzia di informazione promossa dalle Chiese asiatiche, inviava osservatori per partecipare alle ordinazioni episcopali. Ora non più. Non esiste più il China Desk di UcaNews. E le ordinazioni in Cina si svolgono sotto il rigidissimo controllo della polizia e dei funzionari addetti alla politica religiosa. Un controllo che si estende ai minimi dettagli come le riprese filmate e le fotografie. La nomina pontificia, pur prevista nell’accordo, non è sempre letta durante il rito.

Non è comune per i vescovi in Cina incontrarsi liberamente. I raduni tra vescovi e presbiteri tra diverse province sono fortemente scoraggiati. Attività all’interno della stessa provincia sono più facilmente attuabili, ma alcuni vescovi e presbiteri si sentono isolati e soli, una solitudine che aumenta possibili casi di cattiva gestione della loro autorità e delle risorse. La formazione dei vescovi, inclusi i nuovi vescovi nominati dal papa, è quasi inesistente. A meno che non si ritenga formazione gli incontri di indottrinamento politico organizzati dalle autorità a cui i vescovi sono obbligati a partecipare.

 

* missionario del Pime e sinologo
(prima parte – la seconda verrà pubblicata lunedì 24 ottobre 2022)