Colombo blocca l’esportazione di 100mila scimmie in Cina
di Melani Manel Perera

Plauso e soddisfazione degli animalisti, secondo cui i macachi dal berretto erano destinati a non agli zoo ma a ristoranti o laboratori per esperimenti. Il primate caratteristico dello Sri Lanka difficilmente sarebbe sopravvissuto fuori dal proprio ambiente. Nelle scorse settimane una trentina di associazioni ed enti si erano appellati al tribunale per annullare l’accordo. 


Colombo (AsiaNews) - Marcia indietro delle autorità dello Sri Lanka che, nei giorni scorsi come annunciato dalla Procura generale in una informativa alla Corte di appello, hanno annullato la decisione di esportare 100mila scimmie della famiglia “macaco dal berretto” in Cina. Una notizia accolta con gioia e soddisfazione da ambientalisti e da gruppi attivisti, che si erano battuti per la cancellazione di un accordo fra Colombo e Pechino per mere finalità turistiche e commerciali, senza tenere in alcun conto le esigenze e la salute degli animali.

Il vice procuratore generale Manohara Jayasinghe, che rappresenta il Dipartimento per la fauna selvatica, ha dato l’annuncio nel momento in cui la Corte d’appello ha esaminato l’istanza presentata per contrastare la cattura e l’esportazione dei primati in Cina. Sanjeeva Jayawardena, rappresentante delle organizzazioni animaliste, si è detto soddisfatto della notizia perché “le scimmie erano destinate a finire nei ristoranti cinesi”. Il tribunale si è aggiornato al 7 luglio presso la Corte di appello davanti ai giudici Nissanka Bandula Karunaratne e M.A.R. Marikkar per la trascrizione e la successiva ratifica dell’atto.

Ad aprile gruppi attivisti avevano manifestato contro la proposta di esportare le scimmie nel Paese del dragone. Secondo il portavoce del governo e ministro dei Trasporti Bandula Gunawardana, Colombo aveva ricevuto richiesta da una società privata cinese e aveva nominato un comitato per valutare l’esportazione di 100mila macachi dal berretto, che si trovano solo in Sri Lanka, per gli zoo in Cina. Immediata la protesta di ambientalisti e animalisti, secondo cui i primati sarebbero finiti nei laboratori per essere usati come cavie più che negli zoo. Usare gli animali, affermano, per tornaconto economico e per tentare di ripianare parte del debito di un Paese in crisi profonda non è giusto, né ammissibile.

Sulla vicenda è intervenuta anche la Peta (People For The Ethical Treatment Of Animals), esprimendo gratitudine verso il governo dello Sri Lanka che ha annullato la commercializzazione degli animali. “Queste scimmie non sopportano la cattività. È quasi certo che, una volta in Cina, sarebbero state destinate a esperimenti biomedici e sarebbero morte nel giro di pochi mesi” ha dichiarato Lisa Jones-Engel, consulente scientifico senior della Peta. Il gruppo animalista aveva in precedenza scritto alle autorità invocando il blocco alla vendita, ben sapendo che sarebbero finite in laboratori e sottoposte ad esperimenti, tortura e morte certa. Da qui la decisione di 30 movimenti animalisti (fra cui la sezione locale del Wwf e altri movimenti) di ricorrere in via giudiziaria e impugnare l’accordo sull’esportazione sottoscritto a suo tempo dal ministro srilankese dell’Agricoltura Mahinda Amaraweera. 

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