Hong Kong, centinaia di arresti dopo la grande Marcia per la democrazia
Ieri piĆ¹ di 500mila persone sono sfilate per le strade del Territorio in protesta contro l'esecutivo guidato da CY Leung, considerato troppo vicino a Pechino, e per chiedere alla Cina continentale di "rispettare le promesse fatte" e concedere il suffragio universale per le elezioni generali del 2017. La polizia ha risposto portando via oltre 500 persone: fra queste anche tre deputati del Consiglio legislativo. L'accusa di Anson Chan, ex Segretaria generale di Hong Kong: "La Gran Bretagna ci ha venduti per denaro".

Hong Kong (AsiaNews) - La grande Marcia del 1 luglio per la democrazia e il suffragio universale a Hong Kong, cui hanno preso parte più di 500mila persone, si è conclusa questa mattina con oltre 500 arresti. Lo conferma la polizia del Territorio, che ha compiuto i raid nella notte: nel mirino un gruppo ristretto di manifestanti che aveva deciso di portare avanti un sit-in di protesta davanti agli uffici del governo locale. Fra gli arrestati vi sono anche grandi campioni della libertà di Hong Kong come Lee Cheuk-yan, Albert Ho Chun-yan e Leung Yiu-chung: sono tutti membri del Consiglio legislativo, il piccolo "Parlamento" del Territorio.

Anche se la maggior parte dei fermati è stata rilasciata nel corso della giornata, per lo più con un'ammonizione e sulla parola, in serata un portavoce della polizia ha confermato che sono ancora 129 le persone detenute per "colloqui" con i funzionari locali. Fra di loro vi sono 3 giovani trovati in possesso di un cacciavite, ritenuto "arma pericolosa", e una donna di 21 anni che avrebbe aggredito un agente durante la marcia. Non è chiaro se i tre deputati siano ancora in stato di fermo: una fonte di AsiaNews a Hong Kong ha dichiarato che si potrà parlare con loro "fra un paio di giorni", ma non ha specificato il motivo.

La marcia del primo luglio parte dal Victoria Park per arrivare all'Ufficio del governo cinese di Hong Kong a Central. Iniziata nel 1997, come contrappunto al ritorno del Territorio alla Cina, è oggi un evento annuale in cui si esprime il malcontento locale sulle questioni sociali e politiche. Nel 2003 più di 500mila persone si sono unite alla marcia per fermare una legge sulla sicurezza (Art. 23) e chiedere le dimissioni di alcuni alti dirigenti pubblici. Con gli anni la partecipazione si è affievolita ma non è mai scesa sotto i 150mila partecipanti. Il governo centrale di Pechino teme questo appuntamento perché esso - a differenza della marcia che commemora la strage di Tiananmen - porta avanti le richieste democratiche del Territorio per il futuro.

A organizzare la marcia è il Fronte per i diritti umani e civili, una coalizione di gruppi di cui fanno parte anche organizzazioni cattoliche, che chiedono il suffragio universale per l'elezione del capo dell'esecutivo e dei deputati del Territorio; la fine dell'egemonia delle corporazioni commerciali, che ha causato un aumento crescente della disparità fra ricchi e poveri e una maggiore indipendenza dalle politiche imposte dalla Cina continentale.

La marcia di quest'anno arriva due giorni dopo la chiusura dei seggi non ufficiali con cui la popolazione di Hong Kong è stata invitata a esprimersi sul suffragio universale. Quasi 800mila persone hanno votato la consultazione che - secondo gli stessi organizzatori - ha solo valore dimostrativo, per conoscere il pensiero della popolazione. Il referendum si doveva tenere solo per due giorni (20-22 giugno), ma un attacco di hacker al server di Occupy Central - definito dalle stesse autorità "il più sofisticato e potente mai avvenuto sul territorio" - ha reso necessario prolungare il voto fino al 29. Il card. Joseph Zen, vescovo emerito, ha concluso lo scorso 20 giugno una marcia di 84 km in decine di distretti di Hong Kong per spingere i cittadini a partecipare al referendum. Anche il card. John Tong, il vescovo attuale della diocesi, sostiene il diritto della popolazione ad esprimersi sulla democrazia.

Fra i dimostranti anche un uomo di 87 anni, Tang, che è rimasto tutta la notte davanti all'ufficio del capo dell'esecutivo CY Leung per manifestare il proprio disappunto: "Sono qui perché vedo Hong Kong sempre più 'cinesizzata' sotto questo governo. Io ritengo che le politiche portate avanti nell'ultimo anno stiano mettendo in serio pericolo la nostra libertà".

Ma fra gli elementi da biasimare non vi sono solo Pechino e il governo locale: nelle "turbolenze" che agitano la scena politica di Hong Kong "si vede anche la mano della Gran Bretagna, che è rimasta in silenzio nonostante Pechino abbia infranto le promesse fatte nel 1997. Ma d'altra parte sono i soldi a comandare, sembra: abbiamo sentito qualche inglese dire qualcosa sulla situazione? No". Lo ha detto Anson Chan Fang On-sang, ex Segretaria generale di Hong Kong sia con i britannici che con i cinesi, cattolica e rappresentante del movimento democratico.

La politica, che ha ricoperto anche il ruolo di membro del Consiglio Legislativo, ha marciato per tutta la notte. Alla fine della dimostrazione ha parlato anche con alcuni giornalisti, cui ha spiegato: "L'intera comunità internazionale dovrebbe seguire con attenzione i tentativi cinesi di re-interpretare la Basic Law. Se la Cina sceglie di allontanarsi da quanto ha promesso, cosa succederà ai trattati internazionali che ha con tutte le altre nazioni del mondo?".