Yangon (AsiaNews) - Il card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e primo porporato della storia della Chiesa birmana, lancia un appello congiunto ai vertici delle Forze armate del Myanmar (il Tatmadaw) e alle milizie etniche. Il cardinale esorta le parti in lotta a incontrarsi per riprendere i negoziati di pace e mettere così fine a un conflitto armato che imperversa da decenni e ha causato migliaia di vittime e feriti, anche fra i civili.
Partecipando al 113mo pellegrinaggio annuale al santuario mariano di Nyaunglebin, nella regione di Bago, nel centro-sud del Paese, assieme a vescovi e sacerdoti birmani, il porporato ha rinnovato il suo messaggio di unità e riconciliazione. Nel contesto delle celebrazioni, egli ha anche liberato (nella foto) alcune colombe quale gesto di pace e armonia fra persone, fedi ed etnie.
Rivolgendosi ai militari, il card Bo rinnova con forza l'invito a riaprire i colloqui con i gruppi armati, in particolare il Kachin Independence Army (KIA) e le milizie ribelli Kokang nello Stato Shan. Egli sottolinea che è importante incontrarsi faccia a faccia, per scrivere davvero la parola fine ai conflitti nel Paese.
"Le persone stanno soffrendo a causa della guerra - avverte il porporato - e sta all'esercito (Tatmadaw), che si considera padre [della nazione] guidare i negoziati".
Nei giorni scorsi egli ha incontrato - per la prima volta, nelle nuove vesti di cardinale - oltre 50mila fedeli, provenienti da diverse zone del Myanmar per partecipare al pellegrinaggio mariano. Rivolgendosi alla comunità cattolica, ha rinnovato il proprio impegno per la pace e la riconciliazione fra i diversi gruppi del Myanmar.
Infine, egli intende adoperarsi in prima persona per la costituzione di rapporti diplomatici ufficiali fra Santa Sede e Naypyidaw.
Il Myanmar è composto da oltre 135 etnie, che hanno sempre faticato a convivere in maniera pacifica, in particolare con il governo centrale e la sua componente di maggioranza birmana. In passato la giunta militare ha usato il pugno di ferro contro i più riottosi, fra cui gli Shan e i Kachin nell'omonimo territorio a nord, lungo il confine con la Cina.
Divampata nel giugno 2011 dopo 17 anni di relativa calma, la guerra ha causato decine di vittime civili e almeno 200mila sfollati; nell'agosto scorso i vescovi della regione hanno lanciato un appello per la pace, auspicando una soluzione "duratura" al conflitto.