Cacciati giudici e pubblici ministeri. Il numero dei magistrati rimasti senza lavoro sale a 3886. Sno accusati di presunti legami con il leader islamico Fethullah Gülen. Alla sbarra 47 ufficiali dell’esercito: fra questi 37 membri di una squadra d’assalto che avrebbe dovuto uccidere Erdogan.
Istanbul (AsiaNews/Agenzie) - Le autorità turche hanno licenziato ieri altri 227 fra giudici e pubblici ministeri. È quanto riferisce l’agenzia ufficiale turca Anadolu, secondo cui il provvedimento si inserisce nelle misure punitive adottate da Ankara contro i presunti colpevoli o fiancheggiatori del (fallito) colpo di Stato del luglio scorso. Dalle stime fornite dal Consiglio superiore della magistratura emerge che sono più di 3886 i magistrati rimasti senza lavoro.
Dal luglio scorso, in risposta al fallito golpe le autorità turche hanno arrestato oltre 41mila persone, fra cui docenti, militari, intellettuali, oppositori politici, imprenditori, giornalisti, attivisti e semplici cittadini. Sospesi dal servizio o licenziati circa 100mila funzionari del settore pubblico.
Nel mirino, oltre ai curdi, anche esponenti e simpatizzanti del movimento che fa capo al predicatore islamico Fethullah Gülen, in esilio negli Stati Uniti. Secondo il presidente Recep Tayyip Erdogan e i vertici di governo egli sarebbe la mente del colpo di Stato in Turchia in cui sono morte 270 persone, migliaia i feriti.
Dietro la nuova cacciata di centinaia di magistrati vi è proprio l’accusa di legami con il movimento di Gülen. Commentando la decisione il vice-presidente del Consiglio superiore della magistratura Mehmet Yilmaz ha aggiunto che altri 200 fra giudici e pubblici ministeri - sospesi nei mesi scorsi dal servizio per gli stessi motivi - sono stati reintegrati.
Sempre ieri a Mugla, cittadina del sud della Turchia, si è aperto il processo contro 47 ufficiali dell’esercito accusati di aver partecipato al colpo di Stato di luglio. Quarantaquattro persone, la maggior parte soldati, si trovano in stato di arresto, mentre altre tre ancora latitanti saranno giudicate in contumacia.
Gli imputati (nella foto), molti in giacca e cravatta, sono stati condotti in aula dalle forze di sicurezza di fronte alle telecamere, tra i fischi e le grida di derisione dei presenti.
I magistrati hanno chiesto vari ergastoli per ciascuno degli imputati in base alle accuse di tentato omicidio del presidente, violazione della Costituzione e appartenenza a un'organizzazione terrorista. Fra le persone alla sbarra anche una squadra d’assalto di 37 soldati che avrebbe dovuto portare a termine il piano.
Nella notte del 15 luglio scorso Erdogan stava trascorrendo una vacanza con la famiglia in un esclusivo resort di Marmaris, sull’Egeo. Egli ha raccontato di essere scampato alla morte per un caso fortuito; due poliziotti della scorta sarebbero morti nell’attacco. Rispondendo alle domande del giudice, uno degli imputati ha spiegato che la “missione” era di “prelevare” il presidente e di condurlo nella base aerea di Akinci [quartier generale dei golpisti] “sano e salvo”.
Occidente e gruppi attivisti pro diritti umani rinnovano l’allerta per le purghe in atto nel Paese, in aperta violazione ai diritti umani dei cittadini. L’opinione diffusa è che le autorità sfruttino lo stato di emergenza - e la recente ondata di attentati - per eliminare ogni voce di dissenso.
In questo contesto il Paese si avvia ad una modifica istituzionale, che trasformerà la nazione da Repubblica parlamentare al presidenzialismo, con un ulteriore ampliamento dei poteri di Erdogan e la possibilità di restare in carica ben oltre il 2019, attuale scadenza naturale del mandato.
Il referendum costituzionale si terrà il prossimo 16 aprile ed è probabile che, fino al voto, il governo e il presidente continueranno la campagna di repressione contro dissidenti e oppositori.