Pechino lancia campagna contro le ‘fake-news’: nuova stretta della censura

Nel mirino i contenuti online di giornali e social media. Il governo vuole silenziare i “cittadini giornalisti”. Reporter stranieri minacciati di morte dalla Gioventù del Partito comunista cinese per la loro copertura delle inondazioni nell’Henan. In arrivo una legge censura anche a Hong Kong. Studio: 350 falsi profili social screditano dissidenti cinesi e oppositori del regime.


Pechino (AsiaNews) – Il governo cinese ha lanciato una nuova campagna contro le “fake news”. Secondo diversi osservatori si tratta di una nuova stretta della censura di Stato per controllare i contenuti online di giornali e social media. E soprattutto limitare il fenomeno dei “cittadini giornalisti”.

La Cina ha già il più esteso e pervasivo sistema di controllo delle informazioni che circolano sul web. La leadership aveva già rafforzato la censura all’indomani dello scoppio dell’epidemia da coronavirus a Wuhan (Hubei). Li Wenliang, l’oculista che per primo ha lanciato l’allarme per la presenza in città di una sconosciuta malattia polmonare, è stato zittito da polizia e autorità (egli è poi morto dopo aver contratto il Covid-19). Lo scorso dicembre, la cittadina giornalista Zhang Zhan, che aveva diffuso dei reportage su Wuhan, è stata condannata a quattro anni di prigione. Molti governi hanno accusato i cinesi di aver nascosto la verità sulla diffusione del morbo, rallentando la risposta globale all’emergenza sanitaria.

La mossa censoria di Pechino arriva mentre il governo centrale accusa la Bbc di aver diffuso false notizie sulle recenti inondazioni nell’Henan. Ci sono dubbi sul numero officiale delle vittime: nel giro di tre settimane le autorità sono passate da un conteggio di 69 morti a 302; fonti locali di AsiaNews sostengono vi siano fino a 10mila decessi.

Reporter senza frontiere ha denunciato che giornalisti dei media di Stato cinesi hanno preso di mira gli inviati della Bbc nell’Henan. L’organizzazione umanitaria ha fatto notare che la divisione giovanile del Partito comunista cinese ha pubblicato su internet minacce di morte ai reporter stranieri impegnati a raccontare le alluvioni nella Cina centrale.  

A portare avanti la campagna contro le “false informazioni” online saranno 10 dipartimenti governativi. Anche l’esecutivo di Hong Kong è in procinto di varare una legge contro le fake-news. Nell’ex colonia britannica la libertà di stampa e informazione ha già subito un duro colpo dopo l’adozione lo scorso anno della legge sulla sicurezza nazionale.

Analisti osservano che la leadership cinese sente la necessità di accrescere il controllo del discorso pubblico mentre il riemergere della pandemia, le calamita naturali e l’ostilità degli Usa minacciano la ripresa economica nazionale. Tutto ciò anche in vista del 20° Congresso del Partito, che si terrà il prossimo anno.

Alcuni studiosi potrebbero obiettare che uno dei più grandi produttori mondiali di fake-news è proprio il governo cinese. Secondo una ricerca del  Centre for Information Resilience, un network di 350 falsi profili social opera per screditare dissidenti cinesi e oppositori del regime comunista. Lo studio dell’organizzazione no-profit – condiviso con la Bbc – non collega in modo diretto questi account con le autorità cinesi; i suoi estensori sottolineano però che i profili incriminati assomigliano ai network pro-Pechino banditi in precedenza da Twitter e Facebook.