Sisma in Nepal: dopo due anni, Kathmandu non ha ricostruito nessuna casa
di Christopher Sharma

In 24 mesi sono state ricostruite appena 50mila case, sulle 887.353 andate distrutte a causa del sisma. Tutte quelle ricostruite lo sono state grazie agli aiuti di associazioni caritative. L’Autorità nepalese per la ricostruzione ha a disposizione circa quattro miliardi di dollari, ma tutto è fermo per la burocrazia e la corruzione. Le testimonianze dei senzatetto.


Kathmandu (AsiaNews) – A due anni dal violento terremoto di magnitudo 7,9 che il 25 aprile 2015 ha devastato il Nepal, migliaia di sopravvissuti vivono ancora sotto le tende. Lo confermano fonti ufficiali del governo di Kathmandu, che ammettono che in 24 mesi sono state ricostruite appena 50mila case, sulle 887.353 andate distrutte a causa del sisma. Ma il dato più allarmante è che la riedificazione delle poche abitazioni “fortunate” è stata possibile solo grazie ai finanziamenti delle associazioni caritative, che da tutto il mondo hanno fatto arrivare il proprio contributo. Al contrario, al governo nepalese spetta un triste primato: nessuna casa è stata ricostruita con i soli sussidi statali, nonostante le ingenti donazioni arrivate dall’estero.

A disposizione dell’Autorità nepalese per la ricostruzione (Nra) ci sono circa quattro miliardi di dollari, ma finora il governo ha siglato accordi pari solo a 2,6 miliardi. Le operazioni di ricostruzione però sono ferme a causa della lentezza nelle operazioni e della diffusa corruzione tra i funzionari. Ad aggravare ancora di più un quadro così drammatico è stata la recente decisione del governo di mandare le ruspe alla periferia della capitale per spianare la tendopoli dove avevano trovato rifugio almeno 2mila persone, per convincerle a tornare nei propri villaggi.

Govinda Pokhrel, capo della Nra, afferma: “Ho le mani legate dalle leggi e dalle procedure. Non riesco a portare avanti tutti i miei piani”. Poi aggiunge: “Siamo davvero dispiaciuti nel vedere questa penosa situazione. Le vittime del terremoto sono ancora sotto le tende e sotto gli alberi. Vorremmo aiutarle, ma i procedimenti burocratici ce lo impediscono”.

P. Boniface Tigga, superiore dei gesuiti, dichiara che “le vittime vivono in maniera estrema. Noi le aiutiamo fornendo sostegno per i loro bisogni. Abbiamo costruito più di 50 scuole e varie case, ma il nostro contributo non basta. Il governo sembra confuso da tante cose, mente dovrebbe essere più serio”. Tra l’altro “la stagione delle piogge è alle porte e le vittime non hanno alcun rifugio”.

P. Shilas, direttore di Caritas Nepal, sostiene che il braccio sociale della Chiesa “è in prima linea negli aiuti, ma non riusciamo ad aiutare tutti con le nostre limitate risorse. Garantiamo il sostegno per le necessità di base, ma servono le case”.

Ram Bahadur Bhusal, del distretto di Sindhupalchowk, è scampato al sisma, ma ora vive in condizioni critiche. “Io, mia moglie, i miei due bambini e la mia anziana madre – riporta – viviamo da due anni sotto una tenda. Ho chiesto l’aiuto del governo per ricostruire la mia abitazione, ma non sono stato ascoltato. Quest’anno sto almeno cercando di erigere un muro di fango, altrimenti con le piogge nella tenda si infiltreranno insetti e serpenti”. “I miei bambini e mia madre – continua – piangono per questa situazione. Non riusciamo nemmeno a dormire e io e mia moglie dobbiamo fare i turni durante la notte. Ma tutto questo è estenuante quando di notte non si dorme, e la mattina si è costretti a lavorare per guadagnare qualche cosa”. Il governo, conclude con rassegnazione, “sembra indifferente ai nostri problemi. Siamo senza speranza. Credo che il governo non farà nulla”.