12/01/2017, 15.29
INDIA – NEPAL
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“Bangalore Cares for Nepal”: un anno e mezzo di aiuti concreti a lebbrosi e famiglie terremotate (Foto)

Il progetto nasce dall’iniziativa di un sacerdote indiano. P. George Kannanthanam è partito per il Nepal il giorno successivo al sisma. All’inizio ha usato fondi personali, poi ha coinvolto una serie di organizzazioni e volontari. Dopo un mese, raggiunte 24mila persone; in seguito case temporanee per 450 famiglie e in muratura per 50 nuclei familiari della “colonia dei lebbrosi”.

Mumbai (AsiaNews) – “Il nostro impatto è difficile da misurare. La cosa più importante è che eravamo presenti nel momento della tragedia per condividere il loro dolore. Ne è valsa la pena, raccogliere la sfida”. Lo afferma p. George Kannanthanam, un sacerdote indiano di Bangalore (nel Karnataka), parlando dell’immane tragedia umana rappresentata dal terremoto che il 25 aprile 2015 ha colpito il Nepal. Il giorno dopo il sisma egli è partito insieme ad un altro sacerdote per il Paese himalayano, per vedere con i propri occhi il lavoro da fare e capire il modo migliore per portare aiuto. Dapprima con risorse personali, nel giro di pochi giorni ha creato il “Bangalore Cares for Nepal”, un progetto di aiuti umanitari per dare una risposta immediata all’emergenza. Ad AsiaNews dice: “Siamo andati a portare soccorso lì dove nessuno voleva andare, tra i lebbrosi e i villaggi lontani da Kathmandu”.

Nell’aprile 2015 il Nepal è stato sconvolto da una scossa di magnitudo 7.8, che ha causato la morte di oltre 8.500 persone e il ferimento di altre 20mila; in tutto gli edifici crollati o danneggiati son stati 800mila, tra i quali migliaia di scuole.

Dopo un mese dalla tragedia, l’organizzazione di p. George ha raggiunto un totale di 24mila terremotati. “Con risorse limitate e grandi necessità attorno a noi, abbiamo dovuto fare una scelta. Perciò abbiamo deciso di impiegare le nostre risorse per i più poveri tra i poveri e concentrato il lavoro nelle aree extraurbane e rurali”.

Il “Bangalore Cares for Nepal” ha preso pieno ritmo dopo appena due settimane dalla prima scossa fornendo al villaggio di Tipling 100 scatole di primo soccorso, con 51 articoli per l’igiene personale, alimenti, vestiti, tende, stoviglie e secchi. Nei giorni successivi volontari arrivati dall’India hanno distribuito 2.750 teloni cerati, che hanno dato rifugio a 10mila persone. In seguito, con la collaborazione della Yogdaan Foundation, i cattolici hanno progettato delle case fatte di lamiera adatte ad accogliere 450 famiglie. P. George racconta che “l’intero villaggio è stato coinvolto nella costruzione. Questo ha permesso loro non solo di imparare le tecniche di costruzione, ma ha anche dato alla comunità un senso di appartenenza”.

L’attenzione si è poi spostata sul villaggio di Budaneelkanta, conosciuto da tutti come la “colonia dei lebbrosi. Lì risiedono 50 famiglie e nessuno li aveva ancora raggiunti”. Ad una settimana dal nostro intervento, dice con soddisfazione il sacerdote, “tutti avevano una casa. Forse è stato il primo villaggio in assoluto in tutto il Paese. Gli ultimi sono diventati i primi!”.

Dopo aver pensato ai tetti sotto cui ripararsi, l’organizzazione ha voluto agire per dare un futuro ai bambini. Ha fornito 850 nuove cartelle per la scuola in tutto il Paese e ha selezionato dal “villaggio dei lebbrosi” 13 studenti che avevano superato la 12ma classe. I giovani sono stati ammessi all’Hotel Management School di Bangalore dove hanno frequentato un corso di un anno. Poi hanno fatto pratica per ulteriori tre mesi in hotel a cinque stelle. Una ragazza invece sta imparando a diventare infermiera dalle suore dell’Holy Cross.

Con l’aiuto di Proclade, un’associazione spagnola che ha fornito 55mila euro, i cattolici stanno costruendo una scuola nel villaggio di Madhurapatty, a circa 80 km dalla capitale. Qui studiano 160 ragazzi, alcuni dei quali abitano a 10 km di distanza, che percorrono a piedi ogni giorno pur di frequentare le lezioni. Nello stesso villaggio, l’organizzazione indiana ha costruito una sala per la comunità, una biblioteca e un laboratorio di scienze. Secondo i piani del sacerdote, “tutto il lavoro in atto sarà portato a termine entro la fine del 2017”.

La forza che lo ispira, sostiene p. George, è Gesù: “Da cattolico, io credo che dobbiamo essere presenti in ogni luogo e gruppo dove i figli di Dio soffrono. Questo è ciò che avrebbe fatto Gesù e noi, in quanto suoi seguaci, facciamo lo stesso”. “Se non diamo una risposta nelle situazioni di umana sofferenza – conclude – in particolare nelle calamità naturali, vuol dire che non abbiamo soddisfatto il nostro compito di uomini di fede”. (NC)

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