Fra le figure più popolari della Chiesa ortodossa, è morto a 65 anni. Scrittore e poeta, fra i “cantori” di Putin e della guerra in Ucraina, ma inviso al patriarca Kirill. Pitirim diviene vescovo della capitale di Komi nel 1995, a 34 anni. Il suo stile molto popolare per la comunicazione senza formalismi, soprattutto con i giovani. Le sue odi esempio di “obbedienza al destino” della Russia.
La storia e il profilo del "nuovo monastero" nato in Polonia nel 1885 e insediatosi in Normandia nel 1950 dopo un lungo peregrinare, lo rendono oggi ancora più popolare tra i tanti russi all’estero, che intendono conservare la propria tradizione senza partecipare alle iniziative bellico-patriottiche di Kirill e degli altri gerarchi russi attuali.
Anche Mosca ha ricordato in questi giorni i 1700 anni del primo Concilio ecumenico che stese il testo della professione di fede. E pochi giorni dopo la telefonata tra Putin e papa Leone XIV è stata l'occasione per rilanciare anche il dialogo tra la Chiesa di Roma e quella ortodossa russa. Come nel IV secolo, dopo la fine delle persecuzioni, anche oggi la sfida per i vescovi d’Oriente e Occidente è mostrare agli imperatori una verità più grande di ogni pretesa di dominio
Nel suo Sinodo la Chiesa Upz ha nuovamente evitato di prendere posizione sull'autocefalia. Tra i vescovi cresce la personalità del metropolita di Čerkassk, Feodosij, sostenitore della “fedeltà nella sottomissione alla Chiesa-madre di Mosca”. E pur avendo perso numerose parrocchie ai danni della Chiesa ortodossa di Filaret (riconosciuto come patriarca "autonomo" da Costantinopoli) è difficile oggi dire quale dei due gruppi abbia realmente il primato tra i fedeli.
“L’opera di Dio sa trasformare anche le azioni umane più insensate in qualcosa di buono”, ha detto in questi giorni il patriarca Kirill celebrando la festa di San Nicola che tradizionalmente in maggio promette un buon raccolto per la stagione agricola. E mai come oggi questa benedizione serve a sperare in una nuova stagione di pace, per i campi e le terre devastate dalla guerra.
La caduta del regime a Damasco ha portato contraccolpi anche nel patriarcato ortodosso erede di una delle sedi più importanti del cristianeismo antico con un misterioso movimento simpatizzante del nuovo regime islamista che - tra accuse di collaborazionismno e vecchie ruggini - chiede le dimissioni di Ioann X. Sullo sfondo i rapporti con Mosca con cui questa Chiesa resta legata, pur senza aver rotto con Costantinopoli.
A Radio Svoboda la testimonianza di uno dei religiosi che vivono all'estero dopo per aver rifiutato di recitare la preghiera per la guerra ed essere stati sospesi dal patriarcato di Mosca. Lasciata Gerusalemme, dove lavorava per la missione russa, in Belgio ora studia i Padri della Chiesa per capire come sia stato possibile questo scivolamento nel “neo-conservatorismo estremo, fino al culto del militarismo e del neo-imperialismo”.
È quanto ha sottolineato l’ausiliare del Vicariato apostolico dell’Anatolia nella messa celebrata per la festa del 29 giugno. L’abbraccio fra fratelli cattolici e ortodossi offre “l’opportunità di sperimentare la gioia dell’incontro”. La città ancora in grave difficoltà, sembra “colpita da grandi bombardamenti”. E l’appello finale: servono religiosi e fidei donum per aiutarci a tener vivo il cristianesimo in Turchia.
La condanna di Tkačev da parte di personaggi autorevoli come Kuzmin e Dvorkin ha scoperchiato il vaso di Pandora all’interno della Chiesa ortodossa russa, dove si confrontano le “due torri” della guerra santa e quella che veniva condannata come “la setta liberale”, legata alla memoria di Aleksandr Men, il “padre spirituale del dissenso”.
Di nuovo in auge a Mosca Konstantin Gološanov, già leader della “Fraternità dell’Athos” che riuniva gli oligarchi-vip. Uscito di scena con l’inizio dei conflitti con l’Ucraina (e l’esplosione di alcuni scandali finanziari), oggi si ripropone di mostrare attraverso l’arte sacra che la Russia è la “vera Europa”.
A differenza dei politici “convertiti” post-sovietici Andrej Belousov è uno dei patroni del monastero di Diveevo, la storica sede di san Serafino di Sarov. Fin dai primi anni Duemila, qui si concentra l’influsso della “ortodossia presidenziale” nel luogo simbolo di una spiritualità che all'inizio del Novecento era considerata troppo contigua all'eresia dei Vecchi Credenti, convinti della superiorità del cristianesimo russo su quello bizantino.
Il Sinodo della comunità ortodossa guidata dal metropolita Epifanyj ha rivolto un appello al patriarca Bartolomeo affinché condanni Kirill per l'"eresia etno-filetista". Lo scontro con l’altra giurisdizione ortodossa, da sempre legata a Mosca, pur avendone preso formalmente le distanze dopo l’invasione russa.
A Tbilisi i dirigenti del partito al potere del Sogno Georgiano definiscono i dimostranti come “radicali” e addirittura “satanisti”. Il patriarcato sostiene apertamente il governo, impegnato a combattere “l’imposizione alla popolazione del Paese delle ideologie estranee, inusuali e pericolose. Ma l’arcivescovo di Dmanisi, Zenon Iaradžuli, ha chiesto di non approvare la legge che potrebbe danneggiare anche alcune ong legate alla Chiesa.