Per l’esperto giordano il quadro è “negativo” con Israele che “opera in diversi fronti non confinanti“, forse presto anche “dentro” la Repubblica islamica. Gli Stati Uniti ordinano l’evacuazione dell’ambasciata in Iraq, fronte più esposto in caso di conflitto. L’Aiea approva una risoluzione contro l’Iran, possibili nuove sanzioni.
Ad AsiaNews il card. Sako ripercorre i giorni del Conclave vissuti accanto e il primo incontro “molto importante” dopo l’elezione a pontefice. La “situazione complicata” dei cristiani in Medio Oriente che soffrono per la “mancanza di stabilità” anche se “la sicurezza è migliorata”. Le prime parole del cardinale a papa Prevost: “Contiamo su di lei”.
Il porporato ha legato la propria opera a difesa di una comunità che è parte del Paese e della sua storia. Il principio di cittadinanza, il dialogo fraterno, ma schietto, con l’islam e il coraggio della “trasparenza” capisaldi della sua missione. Fra i momenti più significativi la visita del pontefice in Iraq. Per il Conclave l’auspicio di un papa capace, come Francesco, di “cogliere i segni dei tempi”.
Saranno le seste elezioni parlamentari dalla caduta di Saddam. Divisioni nel fronte sciita col premier uscente al-Sudani in cerca di una coalizione forte per conquistare un secondo mandato. Partita aperta anche sul versante curdo, con i partiti di opposizione che cercano di spezzare l’egemonia Kdp e Puk. L’incognita del voto cristiano e i dubbi sulla rappresentatività.
Ad AsiaNews il ricordo del patriarca di Baghdad dei caldei alla viglia della partenza per Roma per partecipare ai funerali del pontefice e al conclave. Francesco una voce “profetica” che ha parlato non solo ai cristiani, ma a tutti gli iracheni. Lo storico viaggio nel marzo 2021 e il messaggio di pace e fratellanza: “Ha saputo leggere e cogliere meglio di chiunque altro i segni dei tempi”.
Ad AsiaNews lo studioso giordano Al Sabaileh definisce “probabili” le voci di una cessione delle armi da parte di diversi gruppi sciiti attivi in Iraq. Decisiva la pressione degli Stati Uniti e il timore dell’apertura di un ultimo fronte dopo Siria, Libano e Yemen. Ma con la fine della lotta armata “anche il loro peso politico non sarà più lo stesso” in vista delle elezioni di ottobre.