Islamabad ha ripreso i rimpatri forzati, fissando al primo settembre la scadenza per la partenza di 1,4 milioni di afghani. La decisione è stata presa nonostante il disastro umanitario in patria, dove, secondo un recente rapporto del Dipartimento di Stato Usa, i talebani impongono un “sistema istituzionalizzato di repressione”.
La compagnia statale China Metallurgical Group Corporationha annunciato l’avvio dei lavori nella miniera di Mes Aynak, uno dei più grandi giacimenti di rame al mondo. Ma la zona è ancora minata, mancano infrastrutture, e i rischi per la sicurezza restano alti. Il regime di Kabul cerca legittimità puntando sugli investimenti cinesi e Pechino procede, ma con cautela.
Dall'inizio di luglio tutti i profughi fuggiti dal regime talebano nel 2021 stanno ricevendo sms con l'ingiunzione di lasciare il Tagikistan entro 15 giorni. Destinatari anche quanti vivono nel Paese legalmente e molti ex collaboratori del governo filo-occidentale di Kabul. Testimonianze su uomini, donne e bambini caricati su piccoli autobus. Una stretta che si aggiunge alle altre contro gli esuli afghani già in atto da tempo in Pakistan e in Iran.
Pur senza arrivare al riconoscimento politico completato da Mosca, il Kazakistan ha firmato un'intesa coi talebani per un'importante linea ferroviaria. Anche Uzbekistan, Kirghizistan e Turkmenistan stanno promuovendo accordi con la benedizione di Pechino. Unica eccezione resta il Tagikistan, dove pesa ancora la questione delle discriminazioni della minoranza tagica in Afghanistan.
La Guida suprema dell’Emirato islamico, Hibatullah Akhundzada, ha riassegnato nove funzionari, nel tentativo di consolidare la propria autorità contro le altre fazioni talebane, in particolare la Rete Haqqani. Le tensioni interne alimentano però anche fratture etniche e territoriali. Intanto, il ritorno forzato di decine di migliaia di rifugiati dall'Iran aggrava la situazione umanitaria interna.
Mosca è diventato il primo governo a completare la normalizzazione delle relazioni con l'Emirato islamico dell'Afghanistan. Già dal 2018 la politica russa nei confronti dei talebani aveva cominciato a cambiare, passando dalla formale contrapposizione a una ricerca evidente di collaborazione. Ma la nuova amicizia con Kabul si svilupperà nel consueto stile di reciproci sospetti e controlli incrociati