Con la nomina di un civile, l’ex ambasciatore Simon Karam, alla commissione di supervisione del cessate il fuoco del novembre 2024, Beirut si affranca da Teheran. Fra Paese dei cedri e Stato ebraico proseguono i contatti, anche se restano nodi irrisolti soprattutto al confine. Critiche di Hezbollah che parla di “regalo gratuito” e rifiuta il disarmo a nord del fiume Litani. Si allarga la frattura fra il Partito di Dio e il movimento sciita Amal di Nabih Berry.
Ad AsiaNews p. Bashar Fawadleh racconta di una sicurezza “fragile” e una normalità “gravemente compromessa” nella cittadina cristiana della Cisgiordania. I fedeli seguono comunque le celebrazioni e dalle Chiese arrivano prove di “unità ed ecumenismo”. Al desiderio di fuga di alcune famiglie, la testimonianza di fede e resilienza di quanti scelgono ogni giorno di rimanere. La speranza come “qualcosa di fragile e profondo”.
Un raid aereo dei caccia israeliani ha colpito un appartamento della periferia sud di Beirut. Nel mirino Haytham Ali Tabataba’i, capo di stato maggiore del partito filo-iraniano. Washington e Tel Aviv contro i vertici libanesi che non sono ancora riusciti a disarmare Hezbollah. L’imminente visita del pontefice esclude l’escalation nell’immediato, ma restano i timori per il futuro.
Baku uno dei primi candidati a formare un anello decisivo di questa nuova catena. L’interesse Usa verso la regione post-sovietica aumentato dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Washington vuole saldare l’asse da Israele fino all’India in chiave anti-cinese. Un’alleanza economica, politica e perfino militare contrappeso strategico all’asse anti-occidentale di Mosca e Pechino.
Nonostante il cessate il fuoco proclamato a Gaza, la violenza continua a travolgere la regione: non solo nella Striscia e in Cisgiordania ma anche in Libano, dove Israele ha bombardato il campo profughi di Ein el-Hilweh uccidendo almeno 13 persone. In questo contesto, un gruppo ecumenico di leader cristiani palestinesi commenta la recente risoluzione 2803 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, giudicata insufficiente e condizionante.
Dopo l’approvazione del piano su Gaza da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il principe ereditario saudita Muhammad bin Salman torna negli Stati Uniti per la prima volta dall’omicidio Khashoggi. Al centro dei colloqui con Trump accordi miliardari su difesa, tecnologia e intelligenza artificiale, inclusa la vendita degli F-35 finora riservati solo a Israele. A Riyadh un ruolo centrale nelle dinamiche regionali senza aderire formalmente agli Accordi di Abramo.