29/09/2018, 09.16
ITALIA – PAKISTAN
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Card. Coutts: I cristiani del Pakistan ‘testimoni viventi di fede e di salvezza per tutti’

di Anna Chiara Filice

L’arcivescovo di Karachi prende possesso oggi della cattedra nella parrocchia romana di San Bonaventura da Bagnoregio. La Chiesa pakistana “è piccola nei numeri ma non è nascosta, il suo ruolo è fondamentale nel campo dell’istruzione e della sanità”. Preferire il “dialogo di vita” al dialogo fatto solo di parole; imparare a conoscersi; non imporre la propria fede all’altro.

Roma (AsiaNews) – Quella pakistana è “una Chiesa piccola, ma non silenziosa; che non dispone di molte risorse e per questo deve fare delle scelte. Ma una cosa è certa: deve puntare sull’educazione dei giovani”. Lo afferma ad AsiaNews il card. Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi che oggi prenderà possesso della cattedra nella parrocchia di san Bonaventura da Bagnoregio, nel quartiere romano di Torre Spaccata. Lo incontriamo a margine delle celebrazioni, in un clima di febbrile attesa. “Siamo una Chiesa visibile, che senza dubbio ha diversi problemi e subisce discriminazioni. Siamo una Chiesa che testimonia Cristo in modo pratico e aiuta tutti. Perché in un Paese a maggioranza musulmana, l’unico modo per essere cristiani è testimoniare la fede nella vita di tutti i giorni: se vogliamo la salvezza per noi, la vogliamo per tutti”.

Sulla scelta di papa Francesco di elevarlo cardinale, sostiene: “Non mi aspettavo questa decisione, non potevo crederci. È stata una totale sorpresa”. Ad ogni modo, ne è certo, “il mio ruolo non cambia. Continuerò ad occuparmi dell’arcidiocesi di Karachi, del settore dell’educazione e di quello sanitario. Sarò multi-tasking, perché le risorse sono poche e mancano i sacerdoti. Ho l’agenda piena, e continuerò a riempirla con nuovi compiti”.

Secondo il porporato, papa Francesco “desidera una Chiesa sempre più universale, che si spinga fino ai margini della società, arrivando nelle periferie. Il Pakistan è un Paese popoloso, con quasi 200 milioni di abitanti. Qui i cattolici sono una piccola minoranza, circa 1,5 milioni. Ma non siamo nascosti, facciamo sentire alta la nostra voce. Il nostro ruolo nello sviluppo del Paese è molto più grande rispetto ai piccoli numeri”.

Il ruolo dei cristiani; il “dialogo di vita” con i musulmani

Il card. Coutts si riferisce al contributo dei cristiani nel campo dell’educazione, delle cure mediche e dell’assistenza, nell’aiuto ai malati, ai disabili e ai tossicodipendenti. A tal proposito cita la figura della dott.ssa Ruth Pfau, suora della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria, scomparsa nel 2017 a 87 anni. La religiosa, conosciuta con il soprannome di “Madre Teresa pakistana”, ha aperto 157 centri in tutto il Paese, dove ogni anno vengono curati 12mila pazienti affetti da tubercolosi. Grazie al suo servizio, il Pakistan “ha anche messo sotto controllo la diffusione della lebbra”.

Per quanto riguarda l’educazione,  “nelle scuole cristiane hanno studiato tantissimi leader civili, dipendenti dello Stato e membri delle forze armate”. La Chiesa è in prima linea anche “nelle operazioni di soccorso durante i disastri naturali o le alluvioni, che sono molto comuni, o nell’accoglienza dei rifugiati. Attraverso la Caritas portiamo aiuto ovunque, senza fare distinzione tra cristiani e non. Il nostro aiuto è per tutti”. Il motivo di questo impegno è semplice: “Il nostro compito come cristiani è dare la vita per gli altri, non come i terroristi che invece la vita la tolgono”.

Il cardinale non nasconde il clima di crescente estremismo islamico presente nel Paese: “Viviamo in un milieu permeato da rapporti tra fedeli di diverse religioni. Il solo modo per dialogare con una maggioranza che professa una fede differente non è il ‘dialogo a parole’, ma il ‘dialogo di vita’. Dobbiamo riconoscerci l’un l’altro e imparare ad apprezzarci, come uomini e donne che vivono insieme. Dobbiamo anche imparare che ciò che facciamo non è solo per noi stessi, ma anche per gli altri”.

L’educazione come mezzo per il dialogo e per combattere lo sfruttamento dei giovani

Il card. Coutts parla di “dialogo di vita” perché ritiene che sia l’unico modo di diffondere una cultura della tolleranza in un Paese con un elevato tasso di analfabetismo. “Non possiamo aspettarci – afferma – che la cultura del dialogo si diffonda solo tramite i centri di studio, dove si incontrano intellettuali e accademici. Non bisogna dimenticare che la maggior parte della popolazione vive nei villaggi, dove non arrivano gli opuscoli stampati nei centri di cultura”. Per questo, sottolinea, “è fondamentale puntare sull’istruzione. Essa è la chiave di volta per impedire lo sfruttamento sul posto di lavoro e la schiavitù di certi settori economici. Per esempio, in agricoltura il contadino non ha la proprietà del terreno ed è costretto a chiedere un prestito al padrone della terra per comprare i semi. All’agricoltore poi spetta una percentuale del ricavo del raccolto, che non basterà mai a ripagare il debito contratto e ad avere un guadagno tale da mandare i figli a scuola”.

Per ovviare a tutto questo, la Chiesa pakistana punta sull’educazione, “per disinnescare quel circolo vizioso tra analfabetismo che favorisce lo sfruttamento e ignoranza che incentiva il diffondersi di idee estremiste”. Questo non vuol dire, evidenzia, “imporre all’altro la propria religione o tentare di convertire. I musulmani sono orgogliosi della propria fede, che fa parte anche della loro identità culturale. Reagiscono con un atteggiamento di chiusura quando avvertono che la loro religione viene messa in discussione. Dobbiamo essere presenti propagando idee d’inclusione. E lo dobbiamo fare attraverso l’istruzione, ma le risorse sono limitate e dobbiamo decidere come utilizzarle al meglio. I cristiani appartengono agli strati più bassi della società, ci sono pochi medici e pochi preti. Abbiamo molto da fare”.

Infine conclude con un pensiero sull’intolleranza religiosa: “Essa è cresciuta negli ultimi anni, il dibattito pubblico è sempre più politicizzato e nel Paese operano diversi gruppi estremisti. Chi prova a cambiare la situazione, come coloro che chiedono l’abolizione della legge sulla blasfemia, di solito vengono allontanati. Ma noi non molliamo”.

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