Leone XIV, il primo papa americano, ha messo in qualche modo in ombra in Russia la popolarità dell’imperatore americano, fungendo in qualche modo da alternativa nell’immagine dell’Occidente “anglosassone” tanto vituperato dal Cremlino. Del resto oggi la Chiesa russa è in rottura con quasi tutte le altre Chiese ortodosse, a partire dal patriarcato di Costantinopoli, mentre il dialogo con Roma non si è mai interrotto,
Mentre proseguono le parodie delle trattative di pace tra Russia, Ucraina e America, con il fallimento del possibile incontro a Istanbul tra Putin e Zelenskyj, il papa Leone XIV ha rivolto un appello proprio ai cristiani d'Oriente: “Chi più di voi, può cantare parole di speranza nell’abisso della violenza?".
Prevost non ha mai avuto rapporti diretti con Mosca, ma il nome da lui scelto evoca relazioni molto importanti per la storia delle relazioni tra Oriente e Occidente nella Chiesa antica e moderna. Da Leone Magno fino a Leone XIII, il papa della Rerum Novarum, che tra le ue fonti di ispirazione ebbe anche il grande autore russo Vladimir Solov’ev.
La tregua per la Grande Vittoria gioco delle parti, Putin che vuole allungare i tempi delle trattative e mostrarsi vincitore. La quarta parata dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, nella solennità degli 80 anni dalla fine del conflitto contro la Germania nazista. Il “pensiero della Russia” fra i cardinali al Conclave. Il patriarca ortodosso mostra il “paradiso russo” contro le devastazioni della guerra.
Desiderava con tutta l’anima di recuperare il volto della “folle santità” della Russia, quello dei suoi monaci e dei suoi pellegrini, dei suoi grandi artisti e musicisti, dei suoi scrittori capaci di aprire orizzonti di vera unione universale. Per questo ha citato spesso Dostoevskij. Ora nella sua morte ci promette che in questa inestricabile lotta interiore tra il male e il bene nell’animo umano si rivela sempre il volto di Cristo.
Per gli ortodossi la Settimana Santa - le cui date quest'anno coincidono con quella dei cattolic - è la "Settimana Autentica, quella che parla cioè della verità definitiva sui destini dell’uomo. Forse proprio per questo la Russia di Putin ha deciso di scaricare proprio in questi giorni sull’Ucraina tutto il suo potenziale bellico. Mentre sul sito del patriarcato di Mosca si ricollega la Pasqua al 9 maggio, il giorno della Vittoria.
Fondato nel 2020 questo movimento che conta ormai centinaia di migliaia di aderenti si caratterizza per un nazionalismo di impronta sempre più xenofoba. I suoi gruppi sono una sorta di “Guardia nazionale” dedita allo squadrismo che sta mettendo in ombra la stessa idea di “Mondo Russo”, che prevedeva ancora l’aggregazione degli altri popoli, proiettando sul futuro di Mosca un senso sempre maggiore di chiusura aggressiva.
Ilja, padre spirituale di Kirill, era stato insignito del più alto titolo monastico, quello di “archimandrita con lo skhima”, un sovra-mantello con simboli che attestano i più alti voti della vita spirituale e delle regole ascetiche più rigide. Taumaturgo e profeta della “Ortodossia patriottica”, la sua personalità ha molto influito su quelle del patriarca di Mosca e del presidente Putin.
Fare la Russia e l’America “ancora grandi”, Maga o Russkij Mir, non è altro che il sogno di tornare al mondo in cui c’erano i due grandi imperi a cui si sottomettevano tutti gli altri Paesi. Non interessano le conquiste, ma le perdite subite, e ritornare in cima al mondo serve a superare le paure di perdite ulteriori.
Oggi Mosca prende tempo aspettando la proclamazione della Vittoria per il 9 maggio. Ma la sintonia con Trump le consegna già comunque ciò che attendeva da più di trent’anni: il ritorno della Russia al tavolo delle superpotenze, come attore di primo piano nell’arena politica mondiale.
Anche tra i sacerdoti ortodossi russi che intervengono contro le “liturgie belliche” ci sono posizioni diverse: da chi cerca di rimanere comunque dentro la Chiesa patriarcale a quelli che si rivolgono ad altre giurisdizioni ortodosse, chi si limita a una resistenza passiva e chi interviene esplicitamente contro lo stesso patriarca, come il teologo e diacono Andrej Kuraev.
La sensazione della maggioranza della popolazione è quella di avere sconfitto l’intero Occidente, confortati dal voltafaccia americano. La domanda che sorge in loro, però, è “che cosa succede adesso?”.
L’esercito russo ha scagliato in questi giorni un numero ancora superiore di droni e bombe contro l'Ucraina, volendo ribadire la propria finalità di conquista al di là di ogni trattativa e piano di spartizione con gli Stati Uniti di Donald Trump. Per continuare ad esaltare la teologia della Vittoria, la vera divinità a cui dedicare ogni sforzo e ogni sacrificio.
Zelenskyj si trova oggi schiacciato non soltanto dalle armate e dalle bombe russe, ma soprattutto dagli interessi economici che uniscono nemici e amici, dentro e fuori dal Paese.
Gli 80 anni della Conferenza tra Stalin, Roosevelt e Churchill e le rinnovate mire degli imperatori di oggi di dividersi il mondo. Mentre nelle stesse commemorazioni l’argomento principale ormai non è la conclusione della guerra, ma quale regime instaurare a Kiev nei prossimi anni.
A prescindere dai suoi leader e dalle sue espressioni politiche e culturali, l’Ucraina va ricostruita non solo nelle città e nelle case, come immagina il Grande Immobiliarista salito al trono dell’impero americano. Va ricostruita come un valico di confine tra il risentimento e la speranza, tra la Russia e tutto il resto del mondo
Le conferenze formative che dalla fine dell'Unione sovietica chiudono la stagione natalizia a Mosca sono la massima rassegna ideologica della nuova Russia ortodossa. Da Kirill l'appello alla mnogočadie, la “multifigliolanza” come stile di vita indispensabile: "Siamo il Paese più grande per la sua superfice geografica, ma siamo troppo pochi per tutto questo spazio".
Tra il Maga trumpiano dell’America first e il sogno putiniano del Russkij Mir c’è molta sintonia nella visione post-globalista del mondo, che nei prossimi decenni verrà dominato dal neo-sovranismo autarchico e minaccioso, imperiale e coloniale, in cui la parte più sacrificabile non è tanto l’Ucraina, ma l’intera Europa.
Come nell’antico impero romano esistevano i geni protettori della guerra, così nel nuovo martirologio patriarcale diffuso in questi giorni, i santi protettori della Russia ortodossa vengono associati alle categorie professionali, per estendere a tutte le dimensioni della vita militare e sociale i “valori tradizionali spirituali”.
Secondo una ricerca dell’agenzia Modifiers, nella lotta contro lo stress in questi anni di guerra i russi si rivolgono sia agli psicologi sia ai rappresentanti delle arti esoteriche. Mentre il traffico sui siti di astrologia, predizione del futuro e numerologia aumentato nell’ultimo anno del 38% e la Duma di Mosca cerca di proibire la pubblicità degli indovini.
È passato ormai un quarto di secolo dall'ascesa dalla cessione dei poteri da parte di Boris Eltsin. Nessuno allora pensava che sarebbe scomparsa quella pacifica e fiorente Russia che nel 1997 aveva festeggiato gli 850 anni di Mosca. Oggi invece gli auguri per il nuovo anno ripetono sinistramente “andremo avanti, fino alla vittoria” mentre tutto sembra riportare la Russia sempre più indietro.
In una lunga intervista natalizia l'arcivescovo maggiore dei greco-cattolici Svjatoslav Ševčuk ha parlato del futuro dell'Ucraina guardandolo con gli occhi della fede. "La rappresentazione di Dio come il 'Grande Protettore' - ha spiegato - è uno stereotipo ormai andato distrutto. Dobbiamo imparare di nuovo a chiederci: Dio, dove possiamo trovarti nel tempo della guerra? In che modo oggi devo comunicare con Te?”.
Alla conferenza stampa di fine anno Putin ha voluto mostrare il volto del vincitore, non solo per i frammenti di territorio ulteriormente conquistati nel Donbass, ma per trasmettere la sensazione di superiorità della Russia di fronte alle tante incertezze dell’Occidente. La stessa guerra ha nella “sovranità” il suo scopo principale, non tanto per la difesa dei confini quanto per affermare la propria indipendenza e grandezza di fronte al mondo intero.
Il patriarcato di Antiochia è l’unica delle quindici Chiese ortodosse autocefale, e l’unico dei cinque patriarcati antichi, a sostenere da sempre e in ogni situazione la Chiesa russa. Del resto, proprio gli antiocheni furono gli ispiratori dell’istituzione del patriarcato di Mosca. E queste antiche storie del tardo Medioevo ritrovano attualità oggi di fronte al timore dei russi di perdere il proprio ruolo di controllo sul Medio Oriente, dopo la vittoria degli islamisti a Damasco.
Il patriarca cerca ultimamente di smarcarsi e sottolineare la sua superiorità nella “sinfonia” russa tra il trono e l’altare. E negli ultmi tempi si sono evidenziati almeno due argomenti su cui la Chiesa ortodossa russa non si è sentita particolarmente in sintonia con le istituzioni statali: le risposte alla crisi demografica che finiscono per mettere sotto accusa lo stesso celibato dei monaci e il divieto di qualunque preghiera organizzata nelle case private.
Se per descrivere le nuove generazioni si usano termini di vario genere, i russi vedono oggi emergere sempre più la “generazione Putin”. Ci si chiede quale destino si stia preparando, anche se in realtà è difficile scorgere una vera convergenza sociale e ideologica. Ricordano piuttosto i "silenziosi" degli anni della Seconda guerra mondiale.
Si moltiplicano proposte e ipotesi sulla conclusione del conflitto. ma per Putin le possibili trattative con Trump sarebbero soltanto una fase intermedia di un processo da proseguire. Mentre per gli ucraini la situazione si fa sempre più drammatica non solo per le incertezze degli aiuti occidentali ma anche per la sempre minore partecipazione dei cittadini alle azioni di difesa.
Lo scrittore Viktor Erofeev, che vive in esilio a Berlino dal 2022, ha pubblicato un romanzo dal titolo Velikij Gopnik, in cui cerca di mostrare come il putinismo sia cresciuto dall’inconscio dei russi a partire dai cortili di Leningrado. Fino a un estremismo verso la propria stessa anima, incapace "di accettare una vita normale”.
Non è affatto chiaro se “patria” significhi la stessa cosa per i seguaci di Trump o per i sudditi di Putin, se indichi il nativismo di “sangue e terra” o piuttosto l’unione “spirituale” di chi ha una visione condivisa del proprio Stato, della regione o del mondo intero. Mentre su Kiev il nuovo presidente degli Stati Uniti ha promesso una soluzione entro il 20 gennaio, giorno della sua inaugurazione (ma anche festa ortodossa del Battesimo del Signore).
C’è nostalgia della semplificazione sovietica del mondo, che era ben gradita anche nel campo avversario. E “fare di nuovo grande l’America” risuona come un richiamo al mondo infantile del Massachusetts tanto quanto a quello del Caucaso o della Siberia.