12/01/2011, 00.00
LAOS
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Celebravano il Natale: arrestati 11 cristiani laotiani, 3 restano in carcere

Il fermo è avvenuto il 4 gennaio, durante una preghiera – autorizzata dalle autorità – per celebrare la nascita di Gesù. Ad oggi tre leader cristiani sono in galera con l’accusa di aver “organizzato un incontro segreto”. Famiglie costrette a firmare documenti di “rinuncia alla fede”.
Vientiane (AsiaNews/Agenzie) – Sono ancora in galera tre leader cristiani, arrestati dalla polizia laotiana durante un raid lo scorso 4 gennaio. Lo riferisce il gruppo attivista Human Rights Watch for Lao Religious Freedom (Hrwlrf), secondo cui l’accusa è aver “organizzato un incontro segreto”. In realtà i fedeli si erano riuniti per pregare e avevano ottenuto i permessi necessari dalle autorità di governo. In un primo tempo le forze dell’ordine avevano prelevato 11 persone, ma otto di loro sono state rilasciate nei giorni successivi al fermo.
 
Fonti di Hrwlrf confermano che i tre leader protestanti – il pastore Wanna, Chanlai e Kan – devono rispondere di “reato politico”. Essi sono originari del distretto di Hinboun, nella provincia di Khammouan (Laos centrale) e sono figure di primo piano delle chiese domestiche di Khammouan.
 
L'arresto del 4 gennaio è avvenuto nella casa di preghiera di Wanna in occasione delle celebrazioni legate al Natale. Nel mese di dicembre, egli aveva informato i funzionari che avrebbe tenuto una veglia per il 5 gennaio. Per la Lao Evangelical Church – associazione cristiana legata al partito comunista – le celebrazioni ufficiali legate al Natale vanno dal 5 dicembre al prossimo 15 gennaio. La sera del 4 gennaio un gruppo di agenti ha fatto irruzione nella casa di Wanna e arrestato per “incontro segreto” gli 11 presenti che, in quel momento, stavano consumando il pasto serale.
 
Gli arresti avventi nei giorni scorsi sono solo l’ultimo episodio di una serie di violazioni alla libertà religiosa nella provincia laotiana di Khammouan. Nel maggio scorso il pastore Wanna e altri cristiani avevano subito imprigionamenti, pressioni e minacce di morte; il rilascio è avvenuto solo in seguito alla firma di un documento in cui “rinunciavano alla loro fede”. Le famiglie che frequentavano la casa di preghiera hanno dovuto trascorrere giorni di “ri-educazione” e subire l’accusa di “collusione con il nemico” (gli Stati Uniti).
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