30/04/2016, 10.58
RUSSIA
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La “giovane” Chiesa ortodossa di Mosca e la Pasqua. Fra interiorità e apparenza

di Sergei Chapnin*

Durante il periodo sovietico celebrare la Resurrezione di Cristo era difficile, pericoloso e faticoso. Eppure le chiese erano piene e i fedeli coinvolti nella liturgia della vittoria sulla morte. Oggi, 25 anni dopo la ritrovata libertà di culto, la liturgia patriarcale è trasmessa in televisione e Mosca fa di tutto per sembrare una città ortodossa. Ma non lo è e non lo sarà fino a che non capirà l’intima connessione del periodo pasquale con l’esperienza di fede di ciascuno di noi.

Mosca (AsiaNews) – Pasqua arriva a Mosca in molti modi. Se arriva presto, alla fine di marzo o all’inizio di aprile, durante la notte di Pasqua si può vedere il terreno congelato e persino la neve. Se come quest’anno arriva tardi, i primi di maggio, allora ci si può aspettare una festa estiva. E anche se il freddo invernale non ha effetti sulla celebrazione di Pasqua, la percezione della Quaresima, della Settimana santa e in modo particolare del Venerdì santo dipendono moltissimo da questo fattore: se il tempo è freddo e dal cielo cade neve mischiata a pioggia, allora sembra che il mondo intero sia in lacrime mentre osserva la Chiesa che ricorda gli ultimi giorni della vita di Cristo sulla terra.

Non si possono comprendere in pieno le strade della Chiesa in Russia senza metterle a paragone con i vari periodi storici che le generazioni che ci hanno preceduto hanno testimoniato. Oggi Pasqua è celebrata in maniera molto diversa da quella che si celebrava in epoca sovietica. Soltanto 30 anni fa era il giorno più ansiogeno di tutto il calendario di coloro che erano preposti alla politica dell’ateismo di Stato. La vita religiosa in Russia non ha mostrato segni di decadenza in quel periodo, e negli anni ’70 e ’80 è arrivata persino a crescere.

Nelle notti di Pasqua, i membri del Komsomol erano inchiodati davanti alle chiese per provocare i fedeli durante le processioni e denunciare coloro che “non esibivano spirito pubblico” e decidevano di andare alle celebrazioni pasquali. Nonostante tutto questo, ogni chiesa ortodossa era strapiena nella notte di Pasqua. Quello che potrebbe sembrare strano per uno Stato ateo non era in realtà una sorpresa: le autorità comuniste lasciarono soltanto 44 chiese aperte a Mosca, con i suoi 10 milioni di abitanti. Le altre furono chiuse o fatte esplodere. Durante il periodo sovietico, ogni parrocchia della capitale poteva radunare durante la Veglia 3 o 4mila fedeli.

Era impossibile ricevere la comunione durante quelle liturgie. I preti si rifiutavano di darla, facendo riferimento alla mancanza di una tradizione eucaristica frequente o per semplice paura delle provocazioni dei membri del Komsomol. I parrocchiani maschi più fidati la ricevevano all’interno dell’altare, mentre le donne accedevano al sacramento dopo la liturgia, nella zona del coro.

Nacque persino una contro-tradizione sovietica, secondo la quale a Pasqua si dovevano visitare le tombe dei defunti e non la chiesa. Diversi devenni dopo, questa propaganda ha portato i suoi frutti: moltissime persone hanno iniziato a credere che fosse in verità una pratica religiosa molto pia. La Chiesa sta ancora combattendo contro questa idea, sottolineando che la festa della Resurrezione di Cristo è in realtà una celebrazione della vita. L’omaggio ai defunti è riservato soltanto dopo il nono giorno di Pasqua.

La liturgia pasquale è sempre stata molto attraente. Le tradizioni dell’ortodossia russa hanno preservato la struttura speciale dedicata al servizio di Pasqua e un’attitudine speciale nei suoi confronti: la gioia che riempie la chiesa diviene ovvia per tutti i presenti. Essa trascina tutti, persino coloro che vengono per la prima volta o soltanto per curiosità. È una liturgia piena dell’esperienza della Resurrezione di Cristo: non soltanto un ricordo, ma soprattutto un contatto con il mistero che ci coinvolge tutti. La vittoria sulla morte.

Come ha detto il protopresbitero Alexander Schmemann in uno dei suoi sermoni pasquali “i primi cristiani definivano la loro fede non come una religione, ma come una Buona Notizia. E il loro scopo nel mondo era proprio diffondere e proclamare questa Notizia. Sapevano e credevano che la Resurrezione di Cristo non era soltanto l’occasione per una festa annuale, ma la fonte di una vita potente e trasfigurata”. La Pasqua divenne così un punto di riferimento proprio nel cammino della trasfigurazione.

Eppure Pasqua non è divenuta una festa ordinaria e abituale nella Mosca post-sovietica? Sembrerebbe impossibile dare una risposta negativa a questa domanda.

È passato più di un quarto di secolo da quando la Chiesa in Russia ha ottenuto la libertà. La vita stessa è cambiata, e oggi la città è piena di poster e gadget pasquali. I trasporti pubblici offrono orari di servizio più lunghi per portare i fedeli a casa dopo la lunga veglia notturna. Le torte di Pasqua e dolci speciali di latte cagliato chiamate paskhas sono in vendita in ogni negozio di alimentari, insieme a delle figurine da attaccare sulle uova. La notte di Pasqua ogni chiesa ha una squadra di polizia dedicata, che vigila sull’ordine e si assicura che nessuno si aggiri intorno all’edificio.

La celebrazione pasquale del Patriarca, nella cattedrale di Cristo Salvatore, viene trasmessa ogni anno sui canali televisivi nazionali, e ogni anno l’ascolto aumenta. Oramai da diversi anni, il governo di Mosca finanzia celebrazioni all’aperto in decine di luoghi vicini alle chiese. Concerti, giochi ed esibizioni di arte e artigianato.

Quindi sia la Chiesa che le autorità civili mettono in campo diversi sforzi per mostrare in questi giorni che sì: Mosca è una città ortodossa. Tutti gli indicatori esterni sono al loro posto.

Ma tutto questo per chi viene fatto? Quanti fedeli ortodossi vivono nella capitale russa? Possono essere considerati la maggioranza, o almeno una larga fetta della popolazione totale composta da 12 milioni di persone?

Negli ultimi 25 anni il numero delle parrocchie di Mosca è cresciuto di 12 volte: dalle 44 del periodo sovietico alle circa 600 attuali. Ma tutte sono relativamente piccole. Anche se partissimo dal presupposto che la capacità media di ogni chiesa sia di 500 persone – quando in realtà il numero è molto più piccolo – e che a Pasqua vengano celebrate due Divine liturgie fra le quali scegliere, allora anche in questo caso le celebrazioni pasquali sarebbero state frequentate al massimo da 450mila persone. Ovvero meno del 4% della popolazione di Mosca.

Questi numeri sono motivo di lacrime? Non credo. Possono essere però un punto di partenza per riflettere su come nelle nostre vite e nella vita della nostra città l’esteriorità e l’interiorità siano in correlazione.

La sacra profondità della vita che la Quaresima ci aiuta a conoscere e che la gioia pasquale ci aiuta a risollevare è connessa con l’esperienza personale di fede e di vita comunitaria. Queste comunità esistono e sono in crescita. Ed è importante ricordare che la Chiesa ortodossa della Russia moderna è nei fatti una Chiesa nuova e giovane. Ha iniziato a crescere circa 25 anni fa, un periodo che per una Chiesa è difficile definire lungo.

* direttore dell’almanacco “Dari”

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