30/03/2007, 00.00
MYANMAR
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È morto p. Paolo Noè, l’ultimo missionario del Pime in Myanmar

di Bernardo Cervellera
Con lui si chiude l’epopea della prima evangelizzazione del Paese. Il Pime, presente dal 1867, ha fondato 6 diocesi. Fra le popolazioni Shan e Karen, i missionari sono stati anche promotori di sviluppo.

Roma (AsiaNews) - L’ultimo “patriarca” del Myanmar, p. Paolo Noè, è  morto ieri all’età di 89 anni a Hwari. La notizia l’ha data il vescovo della diocesi, mons. Peter Hla, che ha confermato la sua presenza ai funerali che saranno celebrati il 2 aprile.

Padre Paolo Noè è l’ultimo dei missionari del Pime (Pontificio istituto missioni estere), riuscito a rimanere nel Paese dopo che il governo ha chiuso le frontiere ai missionari stranieri nel ’66, espellendo anche tutti coloro che erano arrivati nel Myanmar prima dell’indipendenza.

Egli era giunto nella ex Birmania nel ’48, e lì ha speso 59 anni della sua vita. Era ormai rimasto l’unico sopravvissuto dei 29 missionari che erano riusciti a conservare il visto. Il governo di Yangon, li aveva minacciati che se avessero lasciato il Paese, non avrebbero potuto più rientrare. Per questo tutti loro avevano giurato di rimanere nel Myanmar e lì morire. Anche se il governo non ha attuato fino in fondo questa minaccia, i missionari del Pime, per timore, hanno evitato il più possibile di viaggiare all’estero. Uno di loro, p. Igino Mattarucco, è ritornato per la prima volta in Italia dopo oltre 30 anni. Nel 2003, p. Noè parlando dei suoi confratelli defunti, dice commosso: “Sono tornati tutti al Padre, accompagnati dal mio amore ed anche dolore, se si vuole”.

Dopo il suo arrivo in Myanmar, p. Paolo ha studiato l’inglese, il birmano e il karen, lavorando nella missione di Toungoo, poi di Taunggyi, e infine di Pekhon. Tutte queste diocesi sono nate proprio dalla prima evangelizzazione dei missionari del Pime. La diocesi di Pekhon, eretta nel 2005, ha una superficie di 25.890 kmq, poco più della Sicilia. Ha una popolazione di 450 mila abitanti. I cattolici sono più di 37 mila (l’8,3%), con 23 sacerdoti e 41 religiose.

P. Paolo forse non era molto portato per le lingue, ma la sua dedizione, generosità e amorevolezza, gli permetteva di comunicare con facilità e passione. In una lettera del ’94 scrive: “Chi non ha provato a sbagliare nel parlare queste lingue d’inferno con 3 o 4 toni? E per di più, per me che di musica non me ne intendo! La gente compatisce, noi ci si ride sopra e così si cementa l’apprezzamento e l’amore”.

P. Paolo è stato impegnato per decenni nell’evangelizzazione diretta delle minoranze Shan e Karen, fra i cosiddetti “Phadaung” (“selvaggi”), famosi per le “donne-giraffa”, dai lunghi collari. Per molti anni è stato anche superiore della missione, essendo “il più giovane” dei padri. Compiuti gli 80 anni, si era ritirato a fare il coadiutore nella parrocchia di Hwari, fondata dal Pime nel 1890, consigliando e sostenendo i sacerdoti giovani, le suore, i fedeli e lo stesso vescovo della nuova diocesi di Pekhon, mons. Peter Hla, che nell’infanzia era stato un suo chierichetto. In p. Noè vi era la consapevolezza e la gioia dell’anziano che vede il suo lavoro continuato dai propri figli e nipoti spirituali che hanno raccolto la sua eredità.

La regione dove p. Noè ha lavorato fa parte delle cosiddette “black area”, le zone ristrette, non accessibili agli occidentali. In queste aree, infatti, per molto tempo vi sono stati contrasti e scontri fra l’esercito e i gruppi etnici Shan e Karen che chiedevano l’autonomia. Ora, grazie a accordi fra le parti, non vi sono più scontri armati, ma la tensione continua.

L’area è fra le più povere e arretrate del Myanmar. Il sottosviluppo è causato dalla cultura locale di sopravvivenza, dall’incuria del governo – che per anni ha proibito la nascita delle scuole -, dalle lotte e dal commercio di oppio.

L’impegno di p. Noè e dei missionari del Pime ha generato molte comunità cristiane e una nuova dinamica per lo sviluppo. Sono stati i missionari del Pime a introdurre sulle montagne birmane la coltivazione delle patate, per alleviare la fame della popolazione; del Pime sono state le prime costruzioni in mattoni e in calce. Dopo aver fondato le comunità cristiane, i missionari cominciavano a costruire la chiesa in muratura. Questa, ammirata per la solidità e la bellezza, diveniva in poco tempo il “modello” per le case della gente. P. Noè è stato un pioniere in questo lavoro di costruzione, essendo stato figlio di muratori.

Un altro impegno è stata la fondazione di scuole. Anche a Hwari, da anni erano nate alcune scuole per ragazzi e  ragazze, dall’asilo fino alle scuole medie. Alla fine del 2005 le scuole di Hwari sono state riconosciute anche dal governo. La missione provvedeva e provvede agli insegnanti, all’ospitalità e al cibo. Cercare aiuti all’estero per far mangiare 200 studenti di Hwari è stata la preoccupazione quotidiana di p. Noè alla fine della vita. “Questi ragazzi consumano due sacchi di riso ogni giorno”, diceva. P. Noè non è mai stato angosciato, anzi ha sempre ispirato fiducia e pazienza, con una forte fede nella Provvidenza. “Abbiamo imparato ad avere pazienza!”, diceva. “Senza di questa non si può campare a lungo da queste parti”.

Padre Paolo è stato un testimone dell’epopea eroica di tanti missionari della prima evangelizzazione che, nella più totale povertà hanno affrontato per decenni distanze immense percorse a cavallo o a piedi per incontrare villaggi, catecumeni e cristiani. Dal 1867 il Pime in Myanmar ha fondato 6 diocesi. L’impegno del Pime verso il Myanmar continua con l’aiuto allo sviluppo e con il sostegno nella formazione e nell’aggiornamento dei sacerdoti locali.
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