04/12/2023, 11.19
HONG KONG-CINA
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Agnes Chow: 'Perché ho scelto di non tornare a Hong Kong'

di Agnes Chow *

Le parole con cui dal Canada l'attivista cattolica - già incarcerata per le proteste del 2019 - ha raccontato la sofferenza per le continue pressioni subite dalla polizia anche dopo la sua scarcerazione nel 2021. Il passaporto riottenuto per frequentare un master a Toronto solo dopo un viaggio di "educazione patriottica" a Shenzhen e "lettere di pentimento". La tormentata scelta dell'esilio. "Per un Paese così potente mandare in prigione le persone che lottano per la democrazia non è una prova di vulnerabilità?".

Hong Kong (AsiaNews) - Nel giorno del suo ventisettesimo compleanno Agnes Chow, cattolica, uno dei volti più noti delle proteste pro-democrazia a Hong Kong e per questo per sette mesi incarcerata tra il 2020 e il 2021, ha annunciato di trovarsi a Toronto in Canada e di non voler tornare nel suo Paese. Lo ha fatto con due post pubblicati ieri sul suo profilo Instagram dopo il lungo silenzio seguito al suo rilascio sotto cauzione, rivelando di essere stata costretta a compiere un viaggio “patriottico” a Shenzhen per poter riottenere il passaporto.
Agnes Chow ha spiegato di essere giunta a questa conclusione dopo aver “considerato la situazione a Hong Kong, la mia sicurezza personale, la mia salute fisica e mentale”. “Non voglio più essere costretta a fare nulla e non voglio più essere costretta a recarmi nella Cina continentale", ha dichiarato.
Agnes Chow è cresciuta nella comunità cattolica di Taipo, nei “nuovi territori”: prestava anche servizio liturgico in uno dei sotto-centri nella parrocchia del Cuore Immacolato di Maria. Già protagonista nel “movimento degli ombrelli” - i corte studenteschi del 2012 e del 2014 - era stata arrestata nella dura repressione delle grandi proteste pro-democrazia del 2019 che portarono Pechino a imporre la draconiana legge sulla sicurezza nazionale.
I suoi due post pubblicati da Toronto sono un racconto della sofferenza di questi anni, ma anche una testimonianza eloquente sulle pressioni che ha continuato a subire dalla polizia di Hong Kong. Ne pubblichiamo ampi stralci in una nostra traduzione.

“Fino all'ultima notte prima del mio rilascio nonostante la condanna relativamente breve temevo che non sarei uscita di prigione. Pensavo sempre alla perquisizione di casa mia da parte dell'Agenzia per la sicurezza nazionale, alla sentenza, alle manette, a quando mi hanno svestita per l'ispezione: tutte prove della mia perdita della libertà. Fortunatamente, nel giugno 2021, ho potuto lasciare il carcere. Ma la paura e l'ansia nel mio cuore non sono affatto scomparse”.

Agnes Chow racconta di aver subito il ritiro del passaporto, con l’obbligo ogni tre mesi di recarsi nella stazione di polizia per firmare un “Avviso di detenzione dei documenti di viaggio”. “Per diversi anni non ho svolto alcuna attività pubblica, non mi sono impegnata in politica, non ho ricontattato i miei vecchi amici e ho aspettato in silenzio. Tuttavia, non avevo ancora il diritto di lasciare il Paese. A volte, quando mi presentavo al lavoro, la Sicurezza continuava a ‘preoccuparsi’ della mia situazione - il mio reddito, il mio lavoro, la mia famiglia, le mie relazioni - come se di tanto in tanto mi ricordasse che non avevo riacquistato la libertà, che ero ancora sotto sorveglianza e che non avrei dovuto provare a fare qualcosa. Ho continuato a vivere con paura e trepidazione, le mie condizioni psicologiche si sono deteriorate e l'anno 2023 è stato il peggiore per me emotivamente e fisicamente”.

Di qui la decisione di provare a presentare una candidatura per un master all’università di Toronto. “Durante il processo di candidatura la Sicurezza nazionale mi ha chiesto di scrivere una ‘lettera di pentimento’, in cui dichiaravo di rigettare il mio passato coinvolgimento politico e che non avrei più contattato le persone coinvolte. Se non fossi stata disposta a scendere a compromessi, avrei perso la possibilità di studiare. E in quel momento speravo solo di poter lasciare Hong Kong in sicurezza per proseguire i miei studi”.

“Dopo aver superato molti ostacoli, all'inizio di luglio di quest'anno la Sicurezza Nazionale mi ha detto che se volevo studiare in Canada, c'era un'altra condizione: ‘tornare in Cina continentale con noi’ (cioè essere ‘accompagnata’ e ‘protetta’ da agenti della Sicurezza nazionale della polizia di Hong Kong). Sapevo di non avere il diritto di rifiutarmi”.

“Un giorno di agosto mi sono recata nella Cina continentale accompagnata da cinque agenti. Siamo partiti di mattina presto e ho attraversato il confine con il permesso di visita in patria che avevo appena richiesto. Avevo sentimenti contrastanti perché non sapevo se la Sicurezza nazionale avrebbe mantenuto la promessa di restituirmi il passaporto se fossi riuscita a tornare a Hong Kong. Quel giorno, oltre a mangiare, bere e divertirmi, mi è stato organizzato di visitare la ‘Mostra della riforma e dell'apertura’ per conoscere lo sviluppo della Cina e del Partito comunista, nonché i ‘brillanti risultati’ dei leader che si sono succeduti. In seguito sono stata portata alla sede di Tencent per conoscere lo ‘sviluppo tecnologico della nostra madrepatria’. In tutta franchezza: non ho mai negato lo sviluppo economico della Cina, ma per un Paese così potente mandare in prigione le persone che lottano per la democrazia, limitare la loro libertà di entrata e di uscita e richiedere l'ingresso in Cina per visitare mostre patriottiche in cambio di passaporti, non è forse un esempio di vulnerabilità?”.

“Quando ho visitato la mostra e la sede di Tencent, mi è stato anche chiesto di fare una foto con il logo e l'autista di Shenzhen che mi accompagnava continuava a scattarmi foto. Se avessi taciuto, quelle foto sarebbero potute diventare una prova del mio ‘patriottismo’: ecco quanto è tangibile questa paura. E quando tornai a Hong Kong, la Sicurezza nazionale mi chiese di nuovo di scrivere una lettera in cui si ringraziava la polizia per aver organizzato tutto questo, ‘in modo che io possa conoscere il grande sviluppo della nostra madrepatria’. Credo di aver scritto diverse lettere di questo tenore in quei pochi mesi. Infine, a metà settembre ho lasciato Hong Kong per studiare a Toronto, in Canada, ricevendo il passaporto il giorno prima della partenza. Senza quasi rendermene conto, sono qui da quasi tre mesi e il mio primo semestre è quasi finito”.

“Originariamente era previsto che tornassi a Hong Kong alla fine di dicembre per fare rapporto alla polizia in relazione alla legge sulla sicurezza nazionale. Ma dopo un'attenta valutazione, che comprende la situazione a Hong Kong, la mia sicurezza e la mia salute fisica e mentale, ho deciso di non tornare a Hong Kong, e probabilmente non ci tornerò per tutta la vita. Il motivo principale è che se torno a fare rapporto, anche se la sicurezza nazionale non mi arresta o non mi ritira il passaporto, è molto probabile che, come hanno fatto in passato, mi impongano alcune condizioni o mi interroghino, e dovrò soddisfarle prima di poter tornare in Canada. Anche se non lo facessero alla fine di dicembre, quando poi dovrei tornare a Hong Kong l'anno prossimo, con la situazione che diventerà ancora più critica, potranno sempre vietarmi di lasciare il territorio per motivi di indagine. Non voglio essere costretta a fare ciò che non voglio fare, e non voglio più essere costretta a recarmi nella Cina continentale. Se continua così, anche se sono al sicuro, il mio corpo e la mia mente crolleranno”.

“All'inizio non avevo questa intenzione. Quando ero ancora a Hong Kong, non avevo il coraggio di pensare a che cosa sarebbe successo dopo, e già non era facile per me andare all'estero a studiare. Solo dopo essermi stabilita in Canada ho iniziato a pensare a dicembre e, prima ancora di avere una risposta, ho persino comprato un biglietto per tornare a Hong Kong. Pertanto, se qualcuno vuole dire che ho pensato di tradire la sicurezza nazionale, è un'affermazione assolutamente sbagliata”.

“Negli ultimi anni ho imparato in prima persona quanto sia preziosa la libertà dalla paura. Ci sono ancora molte incognite nel futuro, ma quello che so è che non dovrò più preoccuparmi se sarò arrestata o meno e potrò finalmente dire e fare quello che voglio. Mentre studierò e guarirò in Canada, spero anche di ritrovare gli interessi che ho messo da parte a causa della mia sofferenza emotiva e di varie pressioni in passato, e di ricostruire il mio ritmo. La libertà non è facile da ottenere e, in mezzo alla paura della vita quotidiana, faccio tesoro di tutte le persone che non mi hanno dimenticato, che si preoccupano per me e che mi amano ancora di più. Che ci si possa riunire in un prossimo futuro e abbracciarsi”.

* attivista pro-democrazia a Hong Kong, esule in Canada

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