05/09/2022, 12.24
LIBANO
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Beirut: nazione alla deriva, ‘tradita’ dai politici. Cittadini in fuga

di Fady Noun

Il patriarca maronita attacca quanti ostacolano in modo deliberato l’elezione del presidente e la formazione del governo. Per i magistrati, in sciopero da due mesi, quella attraversata dal Paese non è una “crisi” ma un vero e proprio “fallimento”. In molti cresce la voglia di emigrare, in modo legale o clandestino. 

Beirut (AsiaNews) - Nel dicembre 2020 l’ex ministro francese degli Esteri Jean-Yves Le Drian ha paragonato la situazione del Libano “al naufragio del Titanic, senza l’orchestra”. A un anno e mezzo di distanza, lo stato di decomposizione delle istituzioni, l’agire perverso di una parte della classe politica, la corruzione endemica e il saccheggio delle risorse pubbliche stanno privando i libanesi dei servizi essenziali. In alcune regioni la corrente è erogata per sole due ore al giorno, mentre il salario medio nel settore pubblico in media non supera i 40 euro al mese. 

Ed è in questo clima di decadenza, caratterizzato anche dallo sciopero dei magistrati, che il Libano è entrato nel termine ultimo previsto dalla Costituzione per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica: si è aperto il primo settembre, due mesi prima della fine naturale del mandato del capo dello Stato Michel Aoun, previsto per il 31 ottobre. A oggi, il presidente della Camera Nabih Berry non ha ancora fissato una data per la sessione di voto, sapendo inoltre che il presidente e il primo ministro non sono riusciti a concordare un nuovo governo dalla scadenza del mandato dell’esecutivo uscente a maggio.

Nel timore che il Libano si possa ritrovare senza capo dello Stato e con un governo dimissionario, una situazione inedita, che può essere interpretata come un vuoto totale a livello di potere esecutivo e giustificare derive peggiori, il patriarca maronita ha lanciato ieri un monito durissimo alla classe dirigente. Il porporato non ha esitato a definire “un tradimento” il fatto che le lezioni siano osteggiate, in modo deliberato, dalla fazione che esprime un candidato il quale ha ben poche certezze di essere eletto. Uno stallo che viene attuato impedendo in maniera sistematica il raggiungimento dei due terzi alla Camera (85 voti su 128), in un gioco che da molti osservatori viene definito perverso. “Riteniamo che una vacanza presidenziale provocata in modo intenzionale - ha sottolineato il card. Beshara Raï - sia un complotto contro ciò che rappresenta la funzione del presidente nella Repubblica. È anche un tradimento contro il Libano”. 

Al tempo stesso, nemmeno la giustizia e il diritto sono più di casa in Libano. Come molti altri settori e servizi del pubblico, anche il corpo della magistratura ha deciso da due mesi di sospendere tutte le attività, per chiedere salari decenti e migliori condizioni di lavoro. In una dichiarazione firmata “I giudici del Libano”, i magistrati hanno espresso il loro malcontento per gli stipendi ricevuti ad agosto, che valgono “fra i 95 e i 235 euro a seconda del tasso di cambio del giorno”. A ragione, i togati hanno accusato i politici di “essere nel torto” quando parlano di “crisi” per descrivere la situazione attuale, perché in realtà qui si tratta di un vero e proprio “fallimento”.

In un documento eloquente che la dice lunga sulla loro situazione, l’Afp ha citato il magistrato Fayçal Makki il quale ha affermato: al Palazzo di Giustizia “non vi è carta, né inchiostro, né penne, né buste, né servizi igienici in funzione e nemmeno acqua corrente”. Il sospetto è che questa situazione si ripeta in tutte le amministrazioni statali e pubblici uffici. 

Stante il quadro della situazione, in molti libanesi cresce la tentazione di emigrare. Chi non può lasciare legalmente il Paese, cerca di farlo in modo clandestino. Ogni giorno, assicurano gli abitanti di Tripoli, numerose imbarcazioni lasciano la costa cariche di migranti a bordo; a volte, allorché la necessità si fa obbligo, con la complicità secondo alcuni delle stesse guardie costiere. Ieri 70 migranti libanesi, bloccati a bordo di una imbarcazione in panne, sono stati segnalati al largo delle coste maltesi e italiane dal deputato di Tripoli Achraf Rifi. Egli ha lanciato un appello alle autorità di Roma, chiamando l’Italia “Paese amico del Libano”, per trarre in salvo i migranti le cui riserve di cibo e acqua si stanno esaurendo.

E ancora, nell’aprile scorso una barca di clandestini era naufragata al largo di Tripoli (Libano-Nord) con circa 80 persone a bordo, causando decine fra morti e dispersi. Un gruppo di esperti giunto in Libano a fine di agosto ha lasciato il Paese senza pubblicare alcun rapporto sulle conclusioni della sua missione. Un ulteriore smacco, perché era noto ai più che il suo arrivo era legato al tentativo di determinare le cause dell’affondamento che, secondo le testimonianze di alcuni sopravvissuti, sarebbe stato causato dalla nave militare incaricata di respingere i migranti e che avrebbe - accidentalmente o in maniera deliberata - colpito la barca, causandone il naufragio.

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