18/10/2025, 08.45
MONDO RUSSO
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Dissidenti russi in Europa: prove (difficili) di unità

di Stefano Caprio

La formazione al Consiglio d'Europa di una piattaforma per il dialogo con le forze democratiche della Russia che si oppongono al regime di Vladimir Putin si scontra con le divisioni interne tra i diversi gruppi, comprese le critiche al Fondo per la Lotta alla Corruzione creato da Aleksej Naval’nyj. L'appello di Vladimir Kara-Murza: "Ogni prigioniero politico deve poter contare sul fatto di non essere dimenticato”.

Nell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Apce) si è formata una piattaforma per il dialogo con le forze democratiche della Russia, che si oppongono al regime di Vladimir Putin e alle sue pretese belliche e imperiali. Nella risoluzione, votata da 80 parlamentari, l’Apce intende trasformare la comunicazione con le opposizioni russe e le iniziative civili “dai formati sparpagliati al dialogo strutturato”, aiutando in questo gli stessi gruppi dei russi all’estero che non riescono a trovare un vero coordinamento tra di loro, come da tradizione sovietica dei dissidenti nel secolo scorso, divisi tra le grandi visioni di Solženitsyn, Bukovskij, Sinjavskij, Maksimov e tanti altri.

La composizione della delegazione russa all’Apce verrà definita dall’ufficio dell’organizzazione, e uno degli elementi dirimenti sarà il riconoscimento della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, come anche della Georgia e della Moldavia, anch’esse decurtate di territori propri per iniziativa della Russia. Un altro criterio della partecipazione sarà la firma della “Dichiarazione di Berlino”, approvata da oppositori e attivisti russi nell’aprile del 2023 per condannare l’invasione russa dell’Ucraina, definendo il regime putiniano come “illegittimo e criminale”. Le organizzazioni attualmente prese in considerazione sono il gruppo di Mikhail Khodorkovskij, il Fondo per la Lotta alla Corruzione (Fbk) di Aleksej Naval’nyj, la Free Russia Foundation di Natalia Argo e Vladimir Kara-Murza, il “Forum della Russia Libera” di Garri Kasparov e le varie strutture dei popoli minori della Russia.

Il Fbk non ha peraltro firmato la Dichiarazione di Berlino, e nelle stesse considerazioni dell’Apce il gruppo fondato dal più noto oppositore russo, morto in lager a marzo del 2024, ha attirato l’attenzione di tutti con azioni “che hanno suscitato critiche all’interno delle forze di opposizione russe”. Una polemica, questa, rivolta a diversi seguaci di Naval’nyj, anche se finora non ha toccato direttamente la vedova Julia Naval’naja, che sta cercando di rappresentare una capacità di unire tutti i russi in patria e in esilio che desiderano la “Russia felice del futuro”, come affermava il marito Aleksej.

Il primo collaboratore di Naval’nyj, Leonid Volkov, ha risposto criticando “la rozza e vile relazione del rappresentante Kross”, accusando il deputato estone Eerik-Niiles Kross di discriminare i vari oppositori tra gli esuli russi in Europa. I russi all’estero discutono sull’effettiva importanza dell’assemblea Apce, se serve soltanto “ad acquisire uno status ufficiale, da mettere sui biglietti da visita”, o se sarà possibile ottenere un vero sostegno per il futuro del Paese, come cerca di fare per la Bielorussia la candidata alla presidenza Svetlana Tikhanovskaja, anch’essa in esilio dal 2020 dopo le repressioni di Aleksandr Lukašenko.

Il più autorevole degli oppositori russi all’estero risulta comunque essere Vladimir Kara-Murza, a cui si rivolgono le principali agenzie giornalistiche per capire che cosa si può ottenere da questa attività dei russi nelle istituzioni europee. Nelle dichiarazioni da lui rilasciate a Currentime, egli afferma che “il Consiglio d’Europa è la più grande e storica istituzione paneuropea, e ad esso aderiscono 46 Paesi”, molti più dei membri della stessa Ue, e la Russia ne è stata esclusa dopo l’invasione dell’Ucraina. Attualmente sono solo due i Paesi europei che non hanno una rappresentanza all’Apce, la Russia e la Bielorussia. È un’istituzione che va aldilà delle stesse finalità della Ue, guardando alla prospettiva dell’intero continente, come desideravano i suoi fondatori subito dopo la seconda guerra mondiale.

Le uniche vere dittature d’Europa sono dunque quelle di Mosca e Minsk, e la difficoltà a comunicare con loro è parzialmente alleggerita dai rappresentanti delle opposizioni, per immaginare un futuro importante per tutti, considerando che i territori di Russia e Bielorussia costituiscono quasi la metà dell’intero territorio continentale. Quando fu approvata la risoluzione n. 300, che a marzo 2022 aveva escluso i russi dal Consiglio, l’assemblea aveva comunque espresso già allora il desiderio di “continuare un dialogo con le forze democratiche e la società civile della Russia”. Secondo Kara-Murza, “non è un’esagerazione considerare questa come una decisione storica”, considerando che i Paesi dei due regimi totalitari hanno comunque una voce in Europa, ciò che costituisce “un ponte per il futuro, per reintegrare la Russia post-putiniana e la Bielorussia post-Lukašenko nello spazio del diritto e della fraternità dei popoli europei”.

Un’altra attivista del gruppo di Naval’nyj, Ljubov Sobol, afferma che la delegazione russa all’Apce è importante per aiutare gli emigranti russi, che fuggendo dalla Russia si trovano in una condizione tutt’altro che facile. Kara-Murza ritiene che certamente questo aiuto è importante, ma quello che conta veramente è “l’attivazione dei meccanismi di responsabilità internazionale per i crimini di guerra che la Russia sta compiendo in Ucraina”. È importante anche esprimere un vero sostegno ai tanti oppositori russi attualmente detenuti nei lager, il cui numero cresce di giorno in giorno, e sono attualmente oltre 1.700, più dei dissidenti sovietici negli anni Ottanta. Proprio nei giorni scorsi è stato rinchiuso in un campo di concentramento il vice-presidente del partito liberale Yabloko, Maksim Kruglov, per dei post contro la guerra pubblicati ad aprile 2022.

Nelle iniziative dell’Apce è stata istituita anche la commissione per i problemi dei prigionieri politici, con cui si è incontrato Sergej Davidis, il rappresentante russo dell’associazione Memorial per la memoria delle repressioni sovietiche e di quelle attuali, proibita in Russia due anni fa. Uno dei temi da affrontare è proprio quello delle persecuzioni politiche del regime putiniano, che sta sempre più assomigliando al “terrore staliniano” degli anni Trenta, un problema che finisce in secondo piano a fronte delle tragedie della guerra, ma che ferisce profondamente la società russa nel suo insieme. Kara-Murza commenta a partire dalle sue competenze di storico, ricordando che “tutti i grandi cambiamenti politici della Russia sono avvenuti di solito in modo improvviso e inatteso”, come è capitato per il crollo del regime zarista nel 1917 e la fine di quello sovietico nel 1991, per cui “nessuno di noi sa quando si aprirà una nuova finestra di cambiamenti democratici, ma sappiamo che si aprirà”. Siccome questo potrà avvenire “in fretta e per poco tempo”, il politico avverte che “bisognerà agire subito con decisione”.

Molti gruppi di alternativa al regime di Mosca cercano di immaginare questo futuro, come nella relazione di Memorial dei giorni scorsi, dal titolo “I 100 giorni dopo Putin” in cui si parla di riforme costituzionali, nuovi meccanismi elettorali, la necessità di una lustratsija, cioè di una revisione storica di quanto avvenuto, ciò che più è mancato alla fine dell’Urss. Soprattutto è importante pensare a una reintegrazione della Russia nelle istituzioni europee, essendo fondamentale per la concezione di uno Stato democratico, anche alla luce delle derive populiste e sovraniste in tutto il mondo, dall’America alla Cina, passando per la Turchia, l’India e tanti altri Paesi.

La Russia non ha mai fatto parte né della Ue, né della Nato, ma è stata membro del Consiglio d’Europa per 26 anni, a partire dal 1996, partecipando allo spazio legislativo del rispetto dei diritti umani. Kara-Murza ricorda “quanto è importante per un prigioniero politico sapere di non essere dimenticato”, e invita a coinvolgere tutti i russi all’estero, anche quelli non registrati nei gruppi attualmente candidati a partecipare all’assemblea dell’Apce. I membri della delegazione bielorussa sono 6, e bisognerà vedere quanti saranno i russi, la cui popolazione è superiore di 14 volte a quella della Bielorussia, e quando la Russia ancora partecipava all’Apce aveva 18 delegati. L’importante è che la nuova delegazione “abbia il carattere più aperto possibile”, affermano i rappresentanti dei vari gruppi.

Le porte rimangono aperte a tutti i russi all’estero, e lo stesso Kara-Murza ricorda che “io ero in lager quando fu approvata la Dichiarazione di Berlino, non sapevo neanche che cosa fosse”, suggerendo di non formalizzarsi sulle dichiarazioni ufficiali. Quello che conta è l’approvazione dei principi fondamentali nel sostegno all’Ucraina, “senza troppe manipolazioni politiche sulle formalità dei documenti”, unendo tutti i russi che si oppongono alla guerra e al nuovo totalitarismo putiniano, e cercano di immaginare il possibile futuro della Russia.

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