29/04/2024, 13.06
VIETNAM
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Hanoi: la campagna anticorruzione e la corsa alla guida del Partito comunista

di Steve Suwannarat

L'ultima vittima illustre della "fornace ardente" è il presidente del Parlamento, Vuong Dinh Hue, costretto alle dimissioni nei giorni scorsi. Il Paese sta cercando di garantire stabilità mostrando di avere una classe politica efficiente, ma i risultati si sono dimostrati imprevedibili. 

Hanoi (AsiaNews) - La “fornace ardente”, come è stata battezzata la campagna anti-corruzione in corso in Vietnam, continua a mietere vittime: l’ultima è il presidente del Parlamento, Vuong Dinh Hue, costretto alle dimissioni il 26 aprile per non meglio specificate “violazioni e mancanze” delle regole del Partito comunista, nonostante fosse parte sia del comitato centrale che del politburo.

Un simile provvedimento a marzo aveva riguardato il presidente Vo Van Thuong, secondo capo di Stato a cadere in disgrazia in un anno. Si tratta di un chiaro segnale che il partito unico, sottoposto a critiche e pressioni affinché appoggi un reale sviluppo della società dando l’esempio di una condotta efficiente e integerrima, fatica a gestire la transizione.

La stabilità politica viene considerata imprescindibile per continuare a garantire il flusso di investimenti stranieri. Ed è sollecitata dalla classe imprenditoriale locale, nonostante sia stata anch’essa coinvolta in scandali di corruzione: a inizio mese è stata condannata a morte l’imprenditrice edile Truong My Lan, ritenuta responsabile – più di altri - di una frode finanziaria costata allo Stato 24 miliardi di dollari. La campagna anticorruzione sta quindi avendo risultati imprevedibili, che si scontrano anche con le dinamiche interne al Partito-Stato.

Hue, che era stato indicato come possibile candidato alla presidenza e solo tre settimane fa impegnato a Pechino in colloqui con il presidente Xi Jinping per rilanciare i rapporti fra i due Paesi, occupava uno dei “quattro pilastri” della leadership nazionale. Eppure nemmeno questo l’ha risparmiato da una fine indecorosa, che un comunicato del Comitato centrale del Partito comunista ha così motivato: “Le violazioni e le mancanze del compagno Vuong Dinh Hue hanno provocato un’opinione pubblica negativa, macchiando la reputazione del partito, dello Stato e la sua personale”.

In verità, un segnale era arrivato nei giorni scorsi dall’arresto del suo assistente accusato di avere richiesto denaro a un’azienda impegnata nella costruzione di infrastrutture.

Il vuoto lasciato dalle dimissioni di Hue, come pure la carica di capo dello Stato e molte altre ora vacanti, saranno con ogni probabilità discusse in Parlamento o durante una sessione speciale del Partito il mese prossimo. Occasioni non solo per evitare pericolosi vuoti di potere, ma anche per cercare coerenti linee di azione. In questo contesto potrebbe iniziare il dibattito sulla sostituzione alla carica di segretario generale del Partito comunista di Nguyen Phu Trong, il cui mandato scadrà nel 2026 e alla cui successione è candidato anche il ministro della Pubblica sicurezza To Lam, che ha svolto un ruolo centrale nella campagna anticorruzione.

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