20/05/2025, 09.05
RUSSIA-UCRAINA
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L'incerto futuro (climatico) della Crimea

di Vladimir Rozanskij

Nella penisola si intensificano ormai di anno in anno gli effetti del cambiamento climatico che vanno a intrecciarsi con la carenza idrica per il mancato flusso dell’acqua del Dnipro, dopo la separazione dall’Ucraina. Pesanti le conseguenze per l'agricoltura locale, che punta il dito contro l'utilizzo dell'acqua nelle piscine e nei villaggi turistici a sostegno del turismo in forte crisi a causa della guerra. 

Mosca (AsiaNews) - La penisola di Crimea è una terra particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici, e gli ultimi periodi stanno suscitando notevoli preoccupazioni, dopo un inverno primaverile e le nevicate con il gelo in primavera. Le autorità locali, sotto il controllo di Mosca in questo decennio abbondante di annessione alla Russia, riconoscono che gli allarmi si intensificano ormai di anno in anno, rendendo ancora più difficile una situazione di cronica carenza idrica per il mancato flusso dell’acqua del Dnipro, dopo la separazione dall’Ucraina.

Già a marzo del 2024 le gelate anomale avevano rovinato le coltivazioni di frutta e bacche orticole, ma anche dell’uva, e il fenomeno si è ripetuto quest’anno, indicando un cambiamento che appare ormai irreversibile. La neve di aprile ha invaso e devastato gli orti e i campi crimeani, con temperature sotto i minimi fino all’inizio di maggio, senza più precipitazioni benefiche e rendendo sempre più problematici i raccolti anche di cereali, come riconoscono gli agricoltori locali. Si calcola la perdita di circa un terzo del raccolto delle ciliegie, secondo i dati del ministero dell’agricoltura di Sebastopoli, e tra gli alberi da frutta quello più colpito è la coltura di albicocche, oltre a prugne, mandorle e pesche di varietà precoci, che avevano appena cominciato a prendere colore quando si è abbattuta la neve.

Come spiega a Krym.Realii la capo del settore regionale della Unione dei Giardinieri di Russia, Tatiana Olejnik, “queste colture potranno essere sostituite in parte dalle varietà più tardive, ma frutti e fragole quest’anno saranno una merce rara in Crimea”. Si fa conto maggiormente sulle mele, le meno colpite dalle variazioni climatiche insieme alle olive, le più resistenti al gelo in tutta l’area europea, come confermano gli esperti dell’università federale “Vernadskij”. Si confida anche nelle forniture da altre regioni della Russia, e da quelle ucraine occupate di Kherson e Zaporižja.

I cambiamenti climatici sono ovviamente un fenomeno planetario, che modifica la vita sociale in tanti Paesi, e più che il riscaldamento globale in Crimea si registra il raffreddamento stagionale, rendendo la situazione ancora più anomala e sempre più difficili le prognosi a lungo termine, come confermano gli esperti. Il decano della facoltà di scienze naturali dell’Accademia Mogiliana di Kiev, Evgenij Khlobystov, osserva anche che un fattore critico in Crimea è dovuto ai trasferimenti della popolazione, per cui “lo spostamento arbitrario di quasi un milione di persone, sostituite in parte dai russi, aumenta la pressione sulle risorse naturali della penisola, e soprattutto sulle scarse risorse idriche”.

L’esercito russo attinge alle acque locali senza limitazioni, e senza rendere conto a nessuna autorità locale, creando una voragine ulteriore. Secondo Khlobystov “la Crimea potrebbe resistere anche senza l’acqua del Dnipro, ma soltanto con un attento razionamento delle fonti”, mentre oltre alle necessità militari, si riversa una quantità enorme di acqua dolce per le piscine e i villaggi turistici, cercando di mantenere il settore del turismo, già in forte crisi proprio a causa della guerra. Nella zona della città di Staryj Krym, nella parte orientale, l’acqua viene portata con i contenitori e le autocisterne, e oltre all’agricoltura ne risentono anche diversi settori della produzione industriale.

Gli esperti ritengono ormai che la Crimea sia diventando del tutto dipendente dalle forniture provenienti dalla Russia, per i prodotti alimentari in generale, essendo difficile anche mantenere gli allevamenti, e per molti articoli di prima necessità. Sta diventando di fatto una periferia marginale dell’impero, come in parte era avvenuto al momento della conquista e dell’aggregazione all’Unione Sovietica, un periodo di tremende carestie il cui spettro torna a stendere la sua ombra sulla gloriosa penisola del mar Nero.

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