16/05/2025, 14.15
VATICANO
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Leone XIV agli ambasciatori: 'Pace, giustizia e verità per un mondo famiglia di popoli'

Nel suo primo discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il pontefice ha delineato i pilastri dell’azione missionaria della Chiesa. Nella Sala Clementina, ha sottolineato il legame tra la libertà religiosa e la pace. "Ridare respiro alla diplomazia multilaterale". Ribadito il "no" alle armi: "Smettere di produrre strumenti di morte". Ricordate le sfide odierne, come migrazioni, ambiente e intelligenza artificiale. Card. Parolin: Vaticano disponibile a facilitare incontro tra ucraini e russi.  

Città del Vaticano (AsiaNews) - Pace, giustizia e verità. Sono questi per papa Leone XIV “i pilastri dell’azione missionaria della Chiesa e del lavoro della diplomazia della Santa Sede”. L’ha detto questa mattina incontrando il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano. “Nel nostro dialogo, vorrei che prevalesse sempre il senso di essere famiglia - la comunità diplomatica rappresenta infatti l’intera famiglia dei popoli”, ha affermato il nuovo pontefice all’inizio del discorso, dopo i ringraziamenti indirizzati a Georges Poulides, ambasciatore di Cipro e decano dei diplomatici presso il Vaticano. Di quest’ultimo è stato l’intervento di apertura dell’udienza: “Insieme con il papa nelle sfide della modernità”.

Rivolgendosi agli ambasciatori, papa Leone XIV ha detto: “Il mio ministero inizia nel cuore di un anno giubilare, dedicato in modo particolare alla speranza”. L’Anno Santo è quindi un tempo di “conversione” e “rinnovamento”: un'opportunità per lasciare nel passato le “contese” e “cominciare un cammino nuovo”. La via proposta da Prevost è quella di lavorare “insieme” per “costruire […] un mondo in cui ognuno possa realizzare la propria umanità nella verità, nella giustizia e nella pace”. Soprattutto nei contesti “più provati”, come “l’Ucraina e la Terra Santa”, ha sottolineato.

La presenza dei rappresentanti della diplomazia è “un dono, che consente di rinnovarvi l’aspirazione della Chiesa”, ha aggiunto il pontefice. L’aspirazione “di raggiungere e abbracciare ogni popolo e ogni singola persona di questa terra, desiderosa e bisognosa di verità, di giustizia e di pace!”. Così papa Prevost ha ricordato che la sua stessa esperienza di vita da presbitero, vescovo e cardinale, spesa tra America del Nord, America del Sud e Europa, “è rappresentativa di questa aspirazione a travalicare i confini per incontrare persone e culture diverse”. “Tramite il costante e paziente lavoro della Segreteria di Stato, intendo consolidare la conoscenza e il dialogo con voi e con i vostri Paesi”, ha detto.

Parlando quindi del primo “pilastro” della Chiesa missionaria e della diplomazia - la pace - ha detto: “Troppe volte la consideriamo una parola ‘negativa’, ossia come mera assenza di guerra e di conflitto, poiché la contrapposizione è parte della natura umana” La pace assomiglia in quest’ottica a “una semplice tregua, un momento di riposo tra una contesa e l’altra”, in quanto “le tensioni sono sempre presenti”. Ma, “nella prospettiva cristiana - ha detto il papa - la pace è anzitutto un dono attivo, coinvolgente, che interessa e impegna ciascuno di noi”. “La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole”. Per renderla concreta è fondamentale - ha aggiunto - il contributo delle religioni e, quindi, del dialogo interreligioso. Questo "esige il pieno rispetto della libertà religiosa in ogni Paese, poiché l’esperienza religiosa è una dimensione fondamentale della persona umana, tralasciando la quale è difficile, se non impossibile, compiere quella purificazione del cuore necessaria per costruire relazioni di pace”. “È necessario ridare respiro alla diplomazia multilaterale e a quelle istituzioni internazionali”, ha continuato il pontefice. “Occorre anche la volontà di smettere di produrre strumenti di distruzione e di morte”.

In riferimento al secondo “pilastro” - la giustizia - papa Leone XIV ha sottolineato: “Perseguire la pace esige di praticare la giustizia”. E ha parlato della scelta del suo nome papale, che richiama papa Leone XIII, autore dell’enciclica sociale Rerum Novarum, e quindi l’attuale “cambiamento d’epoca”. “Occorre […] adoperarsi per porre rimedio alle disparità globali, che vedono opulenza e indigenza tracciare solchi profondi tra continenti, Paesi e anche all’interno di singole società”, ha aggiunto. “È compito di chi ha responsabilità di governo adoperarsi per costruire società civili armoniche e pacificate. Ciò può essere fatto anzitutto investendo sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna”. Poi, ha ricordato ancora una volta la sua storia personale “di un cittadino, discendente di immigrati, a sua volta emigrato”. In qualsiasi situazione si può trovare ciascuno - ha aggiunto - “sano o malato, occupato o disoccupato, in patria o in terra straniera: la sua dignità però rimane sempre la stessa, quella di creatura voluta e amata da Dio”. 

Sulla verità - terzo pilastro - ha infine detto che senza essa “non si possono costruire relazioni veramente pacifiche, anche in seno alla Comunità internazionale”. E, ancora, ha evidenziato l’importanza di scegliere le parole in modo accurato: “Laddove le parole assumono connotati ambigui e ambivalenti e il mondo virtuale, con la sua mutata percezione del reale, prende il sopravvento senza controllo, è arduo costruire rapporti autentici”. “La Chiesa non può mai esimersi dal dire la verità sull’uomo e sul mondo, ricorrendo quando necessario anche ad un linguaggio schietto”. La verità, comunque, deve sempre rimanere congiunta alla “carità”. “Così la verità non ci allontana, anzi ci consente di affrontare con miglior vigore le sfide del nostro tempo, come le migrazioni, l’uso etico dell’intelligenza artificiale e la salvaguardia della nostra amata Terra”. Queste sono alcune delle sfide che per il nuovo pontefice richiedono “l’impegno e la collaborazione di tutti”.

Intan to - interpellato a margine di un evento all'Università Gregoriana dal titolo “Toward a Theology of Hope for and from Ukraine”, organizzato sotto il patrocinio della Chiesa greco-cattolica ucraina - il card. segretario di Stato Pietro Parolin ha commentato i faticosi tentativi in corso a Istanbul per riaprire il dialogo di pace tra Russia e Ucraina. "Noi – ha aggiunto - rimaniamo sempre disponibili ad offrire anche uno spazio. Parlare di mediazione è eccessivo, ma perlomeno di buoni uffici, di facilitazione dell’incontro”, senza per questo “interferire su altre iniziative in corso”.

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