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ISRAELE-PALESTINA
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Sheikh Jarrah: giudice ordina lo sfratto di altre famiglie palestinesi

Nel 2022 era intervenuta la Corte suprema “congelando” gli espropri nel quartiere da tempo al centro di forti tensioni a Gerusalemme est. Un giudice ha disposto lo sgombero entro luglio di tre famiglie. Dietro la decisione vi sarebbero le pressioni di Nahalat Shimon, gruppo pro-insediamenti. L’esercito dispone il sequestro di terreni a nord di Hebron, nota Onu contro le violenze dei coloni.

Gerusalemme (AsiaNews) - La controversa vicenda relativa alle proprietà contese a Sheikh Jarrah, sobborgo di Gerusalemme est, si compone di un nuovo capitolo dopo la sentenza emessa in questi giorni da un tribunale israeliano, destinata ad alimentare polemiche e lo scontro fra le parti. I giudici hanno ordinato la rimozione forzata di tre famiglie palestinesi dalle loro case, dando tempo ai componenti - una ventina di persone in totale come riferisce l’agenzia palestinese Wafa - fino a metà luglio per lasciare le case e trasferirsi altrove, liberando gli immobili. 

La decennale contesa a Sheikh Jarrah è esplosa ai primi di maggio del 2021, in concomitanza con la battaglia legale sulla proprietà di alcune case, con movimenti pro-coloni che hanno cercato di cacciare le famiglie palestinesi. Una lotta che preoccupa la Chiesa di Terra Santa e tre anni fa innescò anche una sanguinosa guerra-lampo fra Israele e Hamas a Gaza. Come spiegava l’ex vicario patriarcale di Gerusalemme dei Latini mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, ancora oggi residente nella città santa, la questione è figlia “del progetto di Israele” di “occupare quanti più terreni e case a Gerusalemme est” rafforzando i “piani di esproprio”. Nel marzo 2022 era intervenuta la stessa Corte suprema “congelando” gli espropri e rimettendo l’intera questione nelle mani del ministero israeliano della Giustizia. 

Saleh Diab, esponente di uno dei nuclei interessati allo sfratto, riferisce che nel maggio dello scorso anno si è tenuta un’udienza presso il tribunale di primo grado a Gerusalemme. Nonostante la decisione dei supremi giudici, un magistrato ha deciso di riaprire il caso dietro pressione del gruppo Nahalat Shimon, legato ai coloni; esso si batte da tempo per cercare di cacciare le 28 famiglie palestinesi - per un totale di circa 500 persone - dalle loro case attraverso una battaglia legale nelle aule dei tribunali. Diab aggiunge che da 56 anni queste famiglie vivono nelle abitazioni contese e dal 2009 lottano contro i tentativi di sfratto. 

Per il tribunale vi sarebbe una occupazione abusiva e senza titolo degli immobili, che sarebbero di proprietà degli ebrei. Al contrario, le famiglie palestinesi affermano di aver vissuto nelle case per decenni. Il complesso di Sheikh Jarrah è sorto su terreni vuoti che, prima della guerra del 1948, erano di proprietà di associazioni religiose ebraiche. Dopo la conquista di Gerusalemme est, il governo israeliano ha approvato alcune leggi che permettevano di reclamare le proprietà sottratte al governo giordano nel 1967. In realtà la norma consente di reclamare solo beni controllati da Amman e riconducibili a realtà nemiche. Ma nel caso in cui il governo giordano abbia trasferito la proprietà ai privati, essi mantengono il titolo e i diritti. Di certo vi è che questa saga è diventata uno dei simboli della lotta in atto fra le varie anime della città santa, con inevitabili commistioni politiche e confessionali. Nel 2021 all’epoca delle proteste - poi sfociate nel conflitto breve, ma di larga scala a Gaza - fra quanti hanno avuto un ruolo chiave vi era il leader estremista Itamar Ben-Gvir, all’epoca parlamentare di opposizione e oggi ministro della Sicurezza nazionale. 

La sentenza di questi giorni giunge in un momento di grande tensione a Gerusalemme per la guerra a Gaza e l’escalation in atto con l’Iran e per i ripetuti episodi di violenza in Cisgiordania, con uccisioni e sequestri di terre. È di queste ore la diffusione di una disposizione dell’esercito israeliano per il sequestro di 64mila metri quadri di terre nell’area di al-Bouira, a nord di Hebron, primo passo per la realizzaizone di un nuovo insediamento residenziale e industriale per i coloni. Una decisione che comporterebbe lo spostamento forzato di circa 8mila palestinesi residenti nell’area. Contro la politica degli espropri e degli sfollamenti forzati è intervenuto l’Alto commissariato Onu per i diritti umani che, rivolgendosi alle forze di sicurezza israeliane, chiede di “mettere immediatamente fine alla loro partecipazione attiva e al sostegno agli attacchi dei coloni contro i palestinesi”. Una nota collegata all’escalation di attacchi contro villaggi e città, scatenata dalla morte di un 14enne israeliano e che ha portato all’uccisione di sette palestinesi e al ferimento di altre 75 persone. Oltre a morti e feriti, gli attacchi hanno causato il rogo di centinaia di case e altri edifici, oltre che di automobili. “Israele, in quanto potenza occupante, deve prendere tutte le misure in suo potere - conclude la nota Onu - per ripristinare e garantire, per quanto possibile, l’ordine pubblico e la sicurezza” in Cisgiordania.

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