10/03/2021, 11.11
IRAQ - VATICANO
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Card. Sako: il Papa ha toccato il cuore degli irakeni, cristiani e musulmani

Per il primate caldeo il pontefice “ha esteso il suo sguardo verso un popolo che ha sofferto”, rafforzando il valore di “fraternità e vicinanza”. Oggi i cristiani possono mostrare “la loro fede con orgoglio”. I musulmani per le strade hanno reso omaggio a Francesco. Con al-Sistani gettato il seme del dialogo, che la Chiesa deve “irrigare e far crescere”.

Baghdad (AsiaNews) - La visita di papa Francesco in Iraq “ha toccato il cuore e la mente di tutti gli irakeni, con i suoi gesti e i suoi discorsi ben preparati e studiati” che hanno coinvolto “politici e semplici cittadini, cristiani e musulmani”. È quanto sottolinea ad AsiaNews il patriarca caldeo, il card. Louis Raphael Sako, commentando il viaggio apostolico del pontefice nel Paese arabo dal 5 all’8 marzo scorso. In un periodo di crisi sanitaria a causa della Covid-19 e in un contesto ancora precario a livello di sicurezza, aggiunge il porporato, “il papa ha potuto estendere il suo sguardo verso un popolo che ha sofferto, esprimendo così il suo messaggio di fraternità e vicinanza”. 

Dall’incontro con il leader sciita al-Sistani a Najaf ai politici e al clero cattolico a Baghdad, dalla visita a Mosul e Ninive all’incontro interreligioso a Ur dei Caldei sono tanti i momenti significativi che hanno caratterizzato le giornate irakene del pontefice. “Milioni di persone - racconta il card. Sako - anche e soprattutto gente semplice ha seguito la messa e gli eventi del papa. Anche il mio giardiniere, un musulmano, e la moglie hanno seguito la messa nella cattedrale. Tanti musulmani hanno voluto vedere la funzione, provando una esperienza che definiscono mistica”. 

Per il primate caldeo la visita del papa “ha cambiato la mentalità musulmana, soprattutto in un’ottica di maggiore comprensione della fede cristiana. In questi giorni - prosegue - hanno potuto vedere che siamo credenti, non siamo politeisti e il concetto di trinità ha una spiegazione a livello dottrinale. Che non si tratta di elementi contraddittori o contrapposti. E poi le preghiere e gli inni... ho visto alcuni fedeli in lacrime quando il nostro sacerdote ha cantato le Beatitudini e l’inno alla carità contenuto nella lettera ai Corinzi”. 

La partecipazione di un popolo intero, ricorda il card. Sako, emerge anche da fatti semplici, ma carichi di significato. “Nel tragitto dalla nunziatura alla cattedrale, le porte delle case erano aperte e le persone salutavano il suo passaggio [anche i musulmani] con una candela accesa e un ramoscello di ulivo. Si sentiva gridare ‘Ecco il papa’, e lui in risposta li salutava”. Noi cristiani, aggiunge, “secondo la legge siamo cittadini a pieno titolo, ma all’atto pratico ha predominato a lungo una mentalità settaria: oggi questo fattore lo stiamo superando e la speranza è che noi cristiani possiamo alzare la testa e affermare la nostra fede con orgoglio. In questo senso, la visita del papa è fonte di forza e di coraggio. Se ieri la nostra presenzaera al 50%, oggi possiamo dire di essere al 100% partecipi della vita della nazione, come emerge anche dai media e dalle televisioni che hanno dato ampio spazio agli eventi di questi giorni. Anche nei media stranieri, i quali hanno potuto mostrare il volto di un Iraq aperto, che non è guerra e violenze ma amore e ospitalità”. 

In un’ottica di dialogo interreligioso “l’incontro con al-Sistani penso possa dare una ulteriore spinta. C’è qualcosa - osserva il primate caldeo - che si muove dentro l’islam e i passi compiuti con il mondo sunnita ad al-Azhar possono essere ripercorsi con l’islam sciita a Najaf. Un dialogo che non sia basato solo sulle parole, ma sull’amicizia e sull’amore. Il papa ha seminato, ora tocca a noi come Chiesa locale e come cristiani irrigare e far crescere questo seme”. 

Il porporato sottolinea infine il momento più importante a livello di comunità cristiana: “La messa nella cattedrale - racconta - è stato il momento più alto per noi, una occasione per presentare la nostra fede con un vocabolario comprensibile. La speranza per il futuro - conclude - è che si possano eliminare sempre più le barriere fra i cittadini irakeni, a prescindere dalla fede religiosa professarla, e servire l’uomo, il cittadino, combattendo il settarismo e facendo tacere le armi”.

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