29/01/2014, 00.00
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Cina, Iran, Al Qaeda: l'America e il mondo visto da Barack Obama

Nel suo discorso sullo stato dell'Unione, il presidente Usa difende la ripresa economica del Paese, in competizione con Pechino, chiedendo maggiore uguaglianza e diffusione della ricchezza. Minaccia di veto se il Congresso voterà nuove sanzioni contro Teheran. Continua la lotta contro il terrorismo islamista.

Washington (AsiaNews/Agenzie) - Il posto più attraente per gli investimenti non è più la Cina, ma gli Stati Uniti; l'Iran sta facendo passi giusti nel controllo del nucleare e bisogna dargli tempo con la diplomazia; Al Qaeda sta morendo, anche se vi sono nuovi rivoli in Yemen, Somalia, Iraq, Mali. E' su questi tre aspetti mondiali che si è soffermato il presidente Usa Barack Obama nel suo discorso annuale sullo stato dell'Unione. La parte più lunga del suo discorso - durato un'ora - verteva su temi nazionali: le disuguaglianze sociali, la disoccupazione, gli aiuti verso coloro che lottano per stare a galla in un'economia che presenta molti segni di ripresa, anche se i benefici non sono distribuiti in modo equo.

Secondo Obama, a tutt'oggi negli Usa vi è "il più basso tasso di disoccupazione. Un settore manifatturiero che aggiunge posti di lavoro per la prima volta dagli anni '90. Più petrolio prodotto in patria, di quello comprato dal resto del mondo: la prima volta che succede da circa 20 anni. I nostri deficit tagliati di oltre il 50%".

"E per la prima volta in più di 10 anni - ha aggiunto - gli imprenditori nel mondo hanno dichiarato che la Cina non è più la prima destinazione degli investimenti, ma lo è l'America".

In effetti, secondo un rapporto dell'Organizzazione per gli investimenti internazionali, gli investimenti stranieri diretti negli Usa hanno raggiunto la cifra di 2700 miliardi di dollari alla fine del 2012. Anche la Cina vi ha contribuito con 1,4 miliardi. La Cina rimane ancora un buon punto di riferimento per il settore manifatturiero.

Affrontando uno dei temi più caldi e più conflittuali anche negli Usa, Obama ha chiesto al Congresso di lasciare tempo a lui e all'Iran per "dare alla diplomazia una possibilità di riuscita".

L'Iran e le grandi potenze (il gruppo 5+1: Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, Germania) hanno firmato lo scorso 24 novembre a Ginevra un accordo ad interim, entrato in vigore il 20 gennaio, per la durata di sei mesi. Tale accordo prevede allentamento delle sanzioni in cambio di un congelamento dell'arricchimento nucleare e maggiori ispezioni ai siti nucleari iraniani. Le discussioni dovrebbero riprendere a metà febbraio a New York.

Al Congresso - diviso sulla questione iraniana -ha detto che in caso di suggerimento di sanzioni supplementari, egli opporrà il suo veto. "Che sia chiaro - ha affermato: se il Congresso mi presenta ora una nuova legge per delle sanzioni che minacciano di far deragliare questi dialoghi, io porrà il mio veto". Obama non ha comunque nascosto che i dialoghi saranno "difficili" e che "potrebbero anche non riuscire".

Un altro tema internazionale molto caldo è la minaccia di Al Qaeda che spinge il presidente Usa, una volta pacifista, a "rimanere vigilante". Sebbene l'organizzazione islamista è "sulla via della disfatta", essa ha dei nuovi affiliati "in Yemen, Somalia, Iraq e Mali".

Nel 2013 egli aveva detto che Al Qaeda era stato sconfitto in Pakistan, fino a ridursi "all'ombra di se stessa". Quest'anno egli  ha insistito che il pericolo è ora la sua diffusione nel mondo e che "la minaccia sussiste ancora".

Proprio la lotta contro Al Qaeda - ha sottolineato Obama - spinge gli Stati Uniti a mantenere una presenza militare in Afghanistan, attendendo che il governo di Kabul si decida a firmare un accordo di sicurezza per la formazione e l'assistenza delle forze afghane, insieme a operazioni antiterroriste anti- Al Qaeda.

 

 

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