26/02/2021, 08.47
ARMENIA
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Erevan, è scontro tra Nikol Pašinyan e i militari

di Vladimir Rozanskij

Lo Stato maggiore dell’esercito esige le dimissioni del governo. Pasinyan ha destituito alcuni capi. Due diverse manifestazioni. Le responsabilità della sconfitta nel Nagorno Karabakh. Le preoccupazioni del Cremlino.

 

Mosca (AsiaNews) - Nikol Pašinyan ritorna alla carica, questa volta contro i militari. Lo Stato Maggiore dell’esercito armeno, infatti, ha chiesto ieri le sue dimissioni e quelle di tutto il governo, dopo che lo stesso premier ha destituito il primo vice-capo di Stato Maggiore, il generale Tiran Khachatryan. Quest’ultimo aveva criticato Pašinyan, accusandolo di aver addossato la sconfitta nel Karabakh ai militari e all’uso dei missili russi Iskander. Quaranta alti esponenti dell’esercito hanno firmato una lettera contro il premier, per aver licenziato Khachatryan “per cause infondate e dalla vista corta”. Pašinyan ha definito questa mossa come “un tentativo di colpo di Stato”, e ha invitato i suoi sostenitori a scendere in piazza della Repubblica, davanti al palazzo del governo di Erevan, per protestare contro i militari (foto 1).

Dopo la diffusione della lettera dei generali, Pašinyan ha licenziato anche il capo di Stato Maggiore dell’esercito, Onik Gasparyan (foto 2). Le dichiarazioni del premier sui missili russi risalgono al 23 febbraio, quando in un’intervista a 1in.am Pašinyan ha sostenuto che nel conflitto del Nagorno Karabakh dello scorso autunno “gli Iskander non erano esplosi, al massimo al 10%”, frase che ha suscitato le proteste dei militari. Secondo Gasparyan, “le forze armate dell’Armenia hanno sopportato a lungo gli attacchi discriminatori verso i soldati, ma tutto ha un limite”.

Il Servizio di Sicurezza Nazionale armeno (SNB) ha chiesto a tutti di evitare provocazioni, disordini e violenze che mettano in pericolo la sicurezza nazionale, altrimenti “ci saranno reazioni da parte delle forze dell’ordine”.

In piazza della Libertà si sono radunati anche i rappresentanti del “Movimento per la salvezza della patria”, che raccoglie una decina di partiti di opposizione e chiede le dimissioni di Pašinyan, per sostituirlo con l’ex-ministro della difesa Vazken Manukyan (foto 3). Gli oppositori hanno manifestato la propria solidarietà ai generali dell’esercito, accusando lo stesso Pašinyan di voler spingere il Paese nella guerra civile. Nel comunicato del Movimento si afferma: “Pašinyan ha l’ultima possibilità di uscire di scena politicamente, prima che esploda un conflitto”. I gruppi degli oppositori hanno bloccato diversi quartieri della capitale armena, invadendo anche l’edificio dell’università statale di Erevan; 60 persone sono state arrestate dalla polizia.

Nel raduno dei suoi sostenitori, Pašinyan ha sostenuto che la situazione è sotto controllo, e che “all’interno del Paese non esistono nemici, ma ci sono questioni che è necessario chiarire senza cedere a reazioni emotive”, come riporta l’agenzia Sputnik Armenia. Il premier ha assicurato che le forze armate “si sottomettono al popolo e al premier”, e non permetterà a nessuno di gettare il Paese in una crisi irreversibile. Rispondendo alle voci che gli attribuiscono la volontà di fuggire all’estero, Pašinyan ha ribadito: “Non ho intenzione di andare da nessuna parte, anche la mia famiglia resta qui”.

L’evolversi della situazione in Armenia preoccupa il Cremlino. In una telefonata di Pašinyan a Putin, il premier ha affermato di voler iniziare delle consultazioni per risolvere la situazione attraverso il dialogo. Secondo il premier, anche il presidente della repubblica Armen Sarkisyan sta fomentando le rivolte, avendo rifiutato di firmare le lettere di dimissione dei generali e in questo modo “unendosi ai fautori del colpo di stato”. Pašinyan si è anche rifiutato di indire elezioni anticipate, che “sarebbero contro la volontà del popolo”, ma ha chiesto di interrompere le manifestazioni e sedersi con le opposizioni al tavolo delle trattative.

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